Buongiorno a tutti. Ecco, in questo sabato, il secondo dei primi sei capitoli di Premonizioni, libro primo dei Conquistatori di K’Tara. Come prommesso, ne posto uno per settimana.
Questo secondo capitolo, chiamato La Serpe, c’introduce al pericolo che sta arrivando su K’Tara, buttandoci nel centro dell’azione. Qui, cominciamo a conoscere i personaggi principali (i principi Toras e Aithen, la Portatrice di Luce Elyana, i capitani Harlion e Kendor) e le creature di questo lontano pianeta. Cominciamo anche a intravedere i poteri delle Lux Baiulae e la trama della storia. Notate che questo è uno dei più lunghi capitoli.
Troverete qui il diagramma relazionale che mostra chi sono i personaggi principali e in che modo sono connessi.
Spero vi piaccia anche questo capitolo. E, se fosse il caso, lasciatemi un commento in basso.
L.A. Di Paolo
II LA SERPE
Toras aveva incontrato per la prima volta la Serpe nella sua fortezza, la sera prima della Festa dei Colossi, quando quella era venuta a cercare qualcosa… o qualcuno. Gli ululoni dovevano aver percepito il suo avvicinamento quella sera perché i loro bassi e continui ululati si diffondevano per tutta la roccaforte e il vicino villaggio di Passo del Corno. Alcuni credevano che stesse semplicemente arrivando una brutta tempesta, il che sarebbe stato un vero peccato con i festeggiamenti pronti a cominciare – così pensavano. Tuttavia, c’era chi – i superstiziosi – credeva che qualcosa di brutto, forse malvagio, si stesse avvicinando; e avevano ragione, questa volta.
Nonostante gli ululoni, Toras e suo fratello Aithen stavano cercando di rilassarsi nella sala da pranzo. Avevano trascorso la giornata coordinando e aiutando con i preparativi per la celebrazione della liberazione della fortezza per mano dei colossi durante la guerra trioniana quattrocentosessantasette anni prima, nel 1333 E.p. La parte più difficile dei preparativi fu sicuramente la ricostruzione della scena della battaglia nel villaggio di Passo del Corno, a un chilometro a sud della fortezza. Lì, statue di rokothiani e zebuloniani con sguardi malvagi sui loro volti di pietra, di colossi e kynariani glorificati, e degli umani con i loro meravigliosi furani, erano state portate fuori dai granai e collocate nei parchi della città per rievocare la battaglia.
Fu senza dubbio un duro lavoro, in particolare perché le statue dei Colossi pesavano quasi una tonnellata ciascuna, ma gli uomini lo avevano eseguito cantando, sudando a fiotti per tutto il tempo, come facevano ogni anno. Le donne, nel frattempo, si dedicavano a rammendare vecchi costumi o a cucirne dei nuovi, simili a quelli indossati dagli alvinoriani e dai loro alleati durante quella guerra, oltre ad affannarsi a macellare belatri e oscini per la festa. Per quanto riguardava i bambini, quelli venivano lasciati a loro stessi e si divertivano come desideravano: correvano in giro, giocavano con le pietre o si mettevano in un guaio dopo l’altro. Tutto sommato, era stata una giornata bella e gratificante, soprattutto una volta collocate tutte le statue, e i fratelli, eredi al trono dell’Alvinoria, erano tutto sommato soddisfatti nonostante la fatica.
Toras e suo fratello erano figli del Gran Re Octavius I di Casa Coriolis, re dell’Alvinoria e Signore Supremo delle terre di Jarah, Pargah e Yerlah, e di Donna Darya da Laranir, nobildonna e sacerdotessa di Kynaria. Erano dunque dei mezzosangue.
Fisicamente, entrambi i principi e il loro fratello minore Ori mostravano dei tratti misti. Degli antenati kynariani avevano preso l’altezza e la corporatura magra ma muscolosa, il naso dritto sottile e la pelle marrone chiaro, mentre degli antenati umani i capelli neri e il viso irsuto. Ma i loro tratti più caratteristici erano le sopracciglia e gli occhi verdi tipici del loro lignaggio coriolano.
Nonostante le loro caratteristiche comuni, tuttavia, i due fratelli erano facilmente distinguibili l’uno dall’altro: Toras, il più giovane, aveva un volto più squadrato, nonché le ossa più spesse e una muscolatura più pesante dovuta al suo stile di vita fisicamente attivo; Aithen sfoggiava una corporatura più sottile e mani meno ruvide, poiché passava molto più tempo a supervisionare l’esercito che sul campo con i soldati. Il miscuglio di caratteristiche dei fratelli si combinava creando forme che generalmente piacevano alle ragazze umane, anche se non alle loro controparti kynariane. Toras spesso si chiedeva perché queste ultime sembrassero non gradire lui e suo fratello quando visitavano Kynaria.
Sebbene i principi fossero fisicamente simili, non lo erano affatto nel temperamento. Infatti, mentre Aithen era un pensatore e uno stratega, suo fratello era uno pragmatico e un astuto combattente. Toras passò anche un periodo più complicato rispetto ad Aithen nell’imparare a gestire il conflitto tra la loro natura kynariana introversa e la loro indole umana ferale ed estroversa, difficoltà che si traduceva in un temperamento instabile che spesso turbava coloro che non lo conoscevano.
Nonostante i suoi difetti, però, Toras era, a soli ventidue anni, Signore Comandante della fortezza di Passo del Corno, che serviva da barriera tra Rokoth, a ovest, e la Bassa Alvinoria, a est, dove si trovava la capitale del regno di suo padre. Il principe difese il Passo con una forza di mille uomini, nota come la Guardia Nera, un’armata che era – agli occhi dei suoi membri e anche di alcuni estranei – formidabile quanto la Guardia Reale stessa, nonostante le sue dimensioni più piccole. Che ciò fosse vero o meno, tale disputa era la fonte di continuo attrito tra le due guardie, nonostante la parentela dei principi o forse proprio a causa di essa.
Ma c’era un periodo dell’anno durante il quale i membri della Guardia Reale e della Guardia Nera apprezzavano e addirittura cercavano la compagnia reciproca: i cinque giorni della Festa dei Colossi. E quest’anno non era stato diverso; gli uomini di entrambe le guardie collaboravano e si sfidavano a vicenda con larghi sorrisi e risate gioviali – per la maggior parte – nel corso dei preparativi.
Circa quaranta minuti prima del tramonto del Sole Rosso, mentre i soldati erano seduti per il pasto notturno che anticipava la festa e Toras versava altro vino nella coppa del fratello, uno stridio stonato arrivò da ovest spaventando tutti, dentro e fuori dalla fortezza. Lo stridio fu seguito da altre grida perforanti e la gente allarmata alzò lo sguardo verso il buio incombente, chiedendosi cosa stesse per accadere.
I principi posarono le loro coppe e corsero verso l’ampio balcone fuori dalla sala da pranzo della fortezza. Da lì potevano vedere solo le pareti frastagliate della montagna contro cui riverberavano le grida. Aithen, forse rispondendo a un istinto, disse con una certa urgenza nella voce: “Toras, penso che dovremmo posizionare i guardiani in stato d’allerta.”
Toras gli lanciò uno sguardo incerto e disse: “Sei preoccupato anche tu? Perché gli ululoni hanno pianto in quel modo così strano nell’ultima ora… e ora queste grida? Sembrano gli stridi di un rokon, ma non ne ho mai incontrato uno che mi rendesse così nervoso anche se li odio, e ne ho affrontati parecchi che attraversavano il Passo.”
“Non credo sia un rokon, Toras. Non so perché, ma c’è qualcosa di dissonante in questi stridi.”
Toras annuì e chiamò i guardiani appostati all’ingresso della sala da pranzo.
Due giovani uomini, con pochissimi peli sul viso, giunsero per ricevere gli ordini del loro comandante. L’assegnazione di uomini così giovani alla Guardia del principe indicava che erano tempi di pace. Tuttavia, Aithen si ricordò che anche alcuni soldati più esperti erano stati assegnati in quel luogo.
Rivolgendosi al più alto dei due guardiani, Toras disse: “Parthos, chiedi al Primus Kendor e al Gran Capitano Harlion di disporre gli uomini in stato d’allerta. Io e il Gran Signore Comandante saremo fuori tra un attimo.”
Mentre i giovani soldati uscivano, una donna mozzafiato fece il suo ingresso nella sala. Aveva lunghi capelli mossi e rossicci e profondi occhi azzurri. Un mantello viola le pendeva dalle spalle coprendo un abito blu scuro legato in vita da una vivace fascia viola con un pezzo di fascia rossa cucito sopra; i colori del suo abbigliamento sembravano concepiti per confondere e manipolare l’attenzione della gente. La donna aveva anche il fascino di una persona abituata a dare ordini, con sopracciglia strette e arcuate e con labbra dritte e decise.
La donna era Elyana Lux Baiula, consigliera del Gran Re e membro di un potente e antico Ordine, conosciuto come Lucis Sororum Societas, o Ordine delle Sorelle della Luce. Le affiliate, note come Lux Baiulae, erano dotate di una biologia che conferiva loro abilità fuori dal comune. Alcuni le guardavano con stupore, altri con profonda diffidenza. Il capo dell’Ordine, nota come Magna Mater, era il secondo leader più potente – se non il più potente – delle zone civilizzate delle Terrae Regis.
La donna entrò nelle stanze di Toras senza permesso, si fermò davanti ai principi e disse: “Aithen, Toras, dovete lasciare che me ne occupi io!”
Toras rispose: “Cosa…!”
“Non hai idea di quello che sta per succedere e non ho tempo di spiegare. Non cercare di discutere con me, Toras. Seguitemi, dobbiamo organizzare la difesa.”
I principi inquieti si guardarono a vicenda. Toras scosse la testa e raggiunse la Lux Baiula che era già qualche passo davanti ai due.
“Elyana, che sta succedendo? Non sta arrivando un rokon, vero?”
Senza interrompere la falcata, la donna fece per rispondere, ma poi disse al principe di seguirlo e basta.
Con tono indignato, Toras disse: “Elyana, sono il Signore Comandante di questa fortezza e devo sapere…”
La Lux Baiula fece una breve pausa, poi guardò il principe dritto negli occhi e disse: “Toras, hai ragione. Ma sta arrivando qualcosa che potrebbe distruggerci tutti, quindi la nostra priorità è preparare la fortezza.”
“La mia priorità sarà quella di preparare la fortezza non appena saprò cosa sta succedendo!”
Con un’espressione cupa sul viso, Elyana rispose con calma: “Non sarai in grado di difendere la fortezza – se ho ragione. Ti spiegherò tutto quando gli uomini saranno stati riuniti.”
E con ciò, Elyana riprese a camminare freneticamente lungo il corridoio.
Toras si voltò a guardare il fratello avvicinarsi, scosse di nuovo la testa e corse dietro a Elyana.
Mentre scendevano i grandi gradini neri della stiva, i principi notarono lo sguardo confuso dei civili e i movimenti consapevoli dei soldati mentre preparavano le armi e si posizionavano a seconda dei latrati emessi dai comandanti, malgrado le loro perplessità.
Quando notò i principi che scendevano, il Primus Kendor si avviò verso di loro, ma Elyana Lux Baiula alzò la mano, fermando l’avanzata dell’ufficiale. Quando raggiunse la parte inferiore dei gradini, chiamò a sé i rispettivi ufficiali dei principi. Gli uomini si avvicinarono con sguardi pieni di dubbio, ma con un fare calmo e sicuro che nascondeva le loro intime preoccupazioni dovute alla presa di comando della Lux Baiula. Qualcosa di terribile si stava avvicinando. Ma cosa poteva essere? Le grida erano quelle di un rokon, no?
“Gran Capitano Harlion, Primus Kendor, seguirete i miei ordini. Radunate immediatamente i vostri uomini.”
Quando gli uomini esitarono, Toras e Aithen annuirono. Gli ufficiali annuirono a loro volta e fecero come richiesto dalla Lux Baiula.
Ci vollero alcuni minuti perché i soldati si riunissero nella piazza della fortezza. Una volta raccolti, la Lux Baiula non perse tempo e fornì a tutti una descrizione degli attributi fisici di ciò che avrebbero dovuto affrontare. L’incapacità di comprendere pervase i volti degli uomini. Tutti i membri della Guardia Nera avevano già visto dei rokon, come molti della Guardia di Aithen, ma mai uno della dimensione appena descritta dalla Lux Baiula. Inoltre, i rokon che avevano incontrato non avevano mai causato un allarme tale da mobilitare per la difesa ben due Guardie.
Sebbene anche il principe più giovane temesse l’avvicinarsi della creatura, c’era un pensiero che lo turbava. Così, si avvicinò alla Lux Baiula e chiese silenziosamente: “Elyana, come fai a conoscere le caratteristiche fisiche di questo rokon? È ancora a chilometri di distanza, e so che non puoi vedere così lontano. C’è qualcos’altro che non ci stai dicendo.”
Proprio in quel momento, un altro grido da far rizzare i peli trafisse i cieli scuri, come a rafforzare l’affermazione del principe. I pochi civili nella fortezza, accalcati a lato dei soldati, tremavano dalla paura, mentre i soldati, apparentemente calmi, iniziavano a chiedersi se fosse giustificata la preoccupazione della Lux Baiula.
Elyana sapeva che Toras aveva ragione a volerne sapere di più, così fece cenno ai principi e ai due capitani e cominciò: “Miei Principi, Capitani, ascoltate attentamente e non ripetete a nessuno ciò che sto per dirvi; non voglio paralizzare i vostri uomini o i civili con la paura del soprannaturale. Ve lo dico perché dovreste essere tutti in grado di gestire la verità e avere queste informazioni vi aiuterà a stare più al sicuro. Ma non c’è tempo per le domande, quindi dovrete semplicemente fidarvi di quello che dico e fare ciò che vi chiedo.”
I quattro uomini annuirono, con una certa riluttanza, ed Elyana continuò a spiegare ciò che sapeva della Serpe – il nome con cui il rokon soprannaturale che si avvicinava alla fortezza era noto alla Sorellanza. Raccontò loro le leggende e i fatti, entrambi, perché aveva bisogno di assicurarsi che fossero pronti ad affrontare la realtà e a controllare ciò che la loro immaginazione avrebbe potuto inventare una volta vista la creatura. Tutti e quattro fissarono la Lux Baiula increduli, scioccati e muti, ma per motivi diversi: Toras e Kendor non potevano credere che una cosa del genere esistesse davvero, mentre Aithen e Harlion non potevano credere che una tale creatura potesse fare ritorno.
Si supponeva che la Serpe fosse morta circa seicento anni prima, alla fine della Battaglia Oscura, il che significava che la maggior parte degli umanoidi la conosceva solo come un mostro leggendario – una creatura terribile e spaventosa di cui raccontavano le madri ai figli per convincerli ad andare a dormire quando litigavano. Ma le Lux Baiulae, e quei pochi a cui esse insegnarono la storia, sapevano che la Serpe era reale, una creatura che aveva devastato l’umanità al servizio di un male superiore, prima che venisse finalmente neutralizzata.
Diversi libri nella biblioteca della Sorellanza descrivevano la Serpe più o meno coerentemente. I resoconti più dettagliati, provenienti da fonti casuali e scientifiche, la descrivevano con un’apertura alare di circa dieci metri. Aveva denti lunghi cinque centimetri, affilati come rasoi e ricurvi in avanti, che coprivano tutto il suo corpo – denti con cui strappava la carne delle vittime. Il muso aveva due zanne spaventosamente lunghe e, in base alle analisi fatte sulle ferite dei cadaveri, aveva anche dei bordi duri e affilati con cui frantumava le ossa della preda. Tutti gli autori accademici concordavano sul fatto che la Serpe si nutrisse di umanoidi e occasionalmente di furani, mentre i racconti amatoriali spesso raccontavano che la creatura si nutriva esclusivamente di fanciulle belle ma impure – o di bambini disobbedienti.
I libri più gelosamente custoditi dalla Sorellanza trattavano anche di alcune abilità innaturali che la Serpe sembrava possedere. Secondo alcuni resoconti, la creatura avrebbe avuto la capacità di uccidere un umanoide strappandogli via l’anima, la quale poteva essere vista resistere terrorizzata e lottare per rimanere all’interno del suo corpo. Ma le prove accumulate dalle erudite della Sorellanza presentavano una realtà un po’ diversa, ovvero che la Serpe usasse un qualche tipo di energia per attaccare il cervello della sua vittima e farlo letteralmente friggere. La cottura del cervello portava al rilascio di fumo e ceneri, che gli ignoranti interpretavano come l’anima che veniva estratta attraverso gli occhi appassiti della vittima. Qualche decennio dopo la Battaglia Oscura, un erudito con un certo senso dell’umorismo coniò persino un’espressione per questi attacchi: Attacco cerebrale a energia scura, o ACES. Nonostante la spiegazione chiara e razionale, la superstizione sulla Serpe era permeata in molti ambienti, poiché per la Sorellanza non era possibile ricreare tale processo, essendo stato vietato alle Lux Baiulae di uccidere intenzionalmente organismi dotati di occhi per scopi di ricerca.
Quando la Lux Baiula finì di descrivere la Serpe, i quattro uomini continuarono a fissarla increduli. I principi furono i primi a riprendersi dallo shock e chiesero quasi all’unisono: “Cosa vuoi che facciamo, Lux Baiula?”
Elyana rivolse ai principi quello che sembrava un sorriso di gratitudine e replicò: “Gran Capitano, Primus, dovete radunare tutti gli abitanti del villaggio all’interno della fortezza. Chiedete agli uomini tra i civili di armarsi e di mandare gli altri nella montagna. Ho bisogno che tutti i difensori – soldati e civili – siano pronti entro venti minuti. Innanzitutto, ordinate loro di rimanere entro trecento metri dalla fontana centrale. Al di là di questo potete organizzare i vari corpi delle due Guardie, così come i civili, come ritenete opportuno per difendervi da attacchi aerei… e fate accendere le lanterne alte intorno alla fortezza in modo che si possa vedere meglio il nostro nemico.”
I capitani annuirono e stavano per eseguire gli ordini della Lux Baiula, quando Elyana chiese: “Furani e vorani sono nelle loro scuderie notturne, suppongo?”
Le scuderie notturne erano stalle costruite all’interno della montagna stessa. La Guardia Nera teneva lì le sue cavalcature durante la notte per proteggerle dai furti e dagli eventuali predatori.
Primus Kendor rispose affermativamente.
“Bene. Dovete sapere che non sarò in grado di aiutarvi nella fase offensiva, perché mi concentrerò esclusivamente sulla protezione dei difensori, e dei principi in particolare. Per farlo, creerò una nebulosa sopra la fortezza che rifranga gli attacchi cerebrali della Serpe.” E in un raro momento di pubblica insicurezza aggiunse: “Almeno spero di riuscire a far funzionare questo vincolo.”
Questo fece sì che i principi e i capitani si guardassero nervosamente.
“Dovete anche sapere che non sarò in grado di proteggere nessuno dai danni fisici, tranne i principi che coprirò con degli scudi vincolati.”
Kendor, che come il suo comandante metteva sempre tutto in discussione, chiese: “Lux Baiula. Perché il raggio di trecento metri intorno alla fontana?”
“Semplicemente perché è il raggio massimo che posso raggiungere con la nebulosa, Primus.”
L’ufficiale annuì.
Harlion chiese: “È tutto, Lux Baiula?”
“Lo è, eccetto questo: i vostri uomini stasera potrebbero vedere cose che non saranno in grado di comprendere. Sarà quindi importante che voi due continuiate a muovervi intorno alla fortezza per mantenere alto il morale dei vostri uomini. Siete ufficiali esperti e confido che sappiate tenere sotto controllo le vostre esitazioni, i in modo da mantenere l’ordine anche nelle situazioni più disperate.”
I capitani annuirono con risoluzione per ricambiare la fiducia data e andarono a eseguire gli ordini.
Nel frattempo, Elyana diede qualche consiglio anche ai fratelli reali: “Per quanto riguarda voi, miei Principi, preferirei che rimaneste in un posto, perché così sarà più facile per me tenervi schermati. Ma anche gli abitanti del villaggio avranno bisogno di rassicurazioni, e non credo che risponderanno ai comandanti militari come faranno con voi, quindi sarebbe utile girare per la fortezza a sostenere il loro coraggio quando inizierà a vacillare. Basta stare attenti e non permettere a nulla di ciò che vedrete di spaventarvi; andreste a minare la sicurezza degli altri. E soprattutto, assicuratevi di stare entro trecento metri dalla fontana!” Poi, aggiunse con un dito appoggiato al labbro rosso, come se parlasse da sola: “In effetti, sarebbe utile se il limite venisse delineato a terra.”
Toras rispose: “Farò in modo che la zona sicura sia ben marcata, Elyana.”
“Molto bene, grazie Toras. E state attenti, tutti e due.”
Con questo, Aithen e Toras partirono per organizzare gli abitanti del villaggio che avevano iniziato a riversarsi nella cittadella al suono dell’allarme.
Elyana guardò i soldati e notò la perplessità sui volti degli uomini mentre i loro ufficiali trasmettevano i suoi ordini. Era chiaro che non sapevano cosa lei si aspettasse da quella tattica, ma obbedirono comunque ai loro ufficiali. Soddisfatta, Elyana si diresse verso la fontana centrale. Accanto ad essa sarebbe stata completamente esposta, ma da quella posizione, sarebbe riuscita a coprire la maggior parte della fortezza con una nebulosa invisibile, se fosse riuscita a generarla. Non l’aveva mai fatto prima, ma il ricordo del vincolo le sovvenne insieme a quelli della Serpe, non appena ne riconobbe per la prima volta il verso. Questi ricordi erano il risultato del trasferimento di memoria che aveva ricevuto subito dopo essere diventata Lux Baiula, ormai una vita fa per quel che le sembrava. Eppure sperava contro ogni speranza che il campo di disgregazione le avrebbe permesso di salvare i difensori dall’orribile attacco cerebrale che la Serpe aveva usato sulle sue vittime in tempi molto lontani.
I ricordi le dicevano anche che in molti sarebbero morti quella notte. Tuttavia, aveva altra scelta? Forse, pensò, se la Serpe avesse tentato di attaccarla con l’ACES – quanto era strano che le Sorelle di così tanto tempo fa avessero già imparato a coniare acronimi – avrebbe potuto sapere quale tipo di vincolo stesse usando ed essere quindi in grado di creare uno scudo più efficace contro di esso. Sempre se fosse sopravvissuta all’attacco lei stessa.
Se la Serpe mi attacca, sopravviverò e proteggerò i principi e gli uomini.
Anche se la sua nebulosa avesse funzionato, non avrebbe impedito ai difensori di essere feriti gravemente o colpiti dalla Serpe, a meno che lei non la uccidesse, il che era improbabile anche per una Sorella con un potere come il suo. Sapeva che la sua energia sarebbe stata messa a dura prova, oltre i limiti di qualsiasi cosa avesse già sperimentato, per il fatto che dovesse proteggere la fortezza con il campo di disgregazione e allo stesso tempo Aithen e Toras con uno scudo vincolato, perdipiù mentre si muovevano.
Vorrei che ci fosse un modo per trasmettere loro la conoscenza dei comandanti che hanno combattuto la Serpe nella Battaglia Oscura. Ma, che K’Tara li aiuti, i principi e i loro ufficiali potranno affidarsi solo alle loro abilità e alla loro esperienza per respingere la creatura.
***
Quella notte, dunque, tutti gli uomini in grado di combattere – civili e soldati allo stesso modo – presero parte alla difesa della fortezza e del villaggio di Passo del Corno, situato appena fuori dalla roccaforte. Circa due terzi dei difensori erano soldati, i restanti erano fabbri, maniscalchi, venditori ambulanti, contadini e altri civili. Fortunatamente, la maggior parte di loro aveva una certa esperienza con gli archi, usati per cacciare o per proteggere le loro mandrie o greggi dai furani selvatici, così come dai rokon occasionali e da altri predatori che vagavano per queste regioni selvagge del regno.
Per il resto, donne, bambini e tutti coloro che non erano in grado di combattere erano stati portati dalle guaritrici del villaggio nelle grotte della grande fortificazione, costruita all’interno della montagna stessa. Le grotte odoravano fortemente di vorani e furani, il che fece comparire una smorfia sui volti delle guaritrici che spronavano le persone ad avanzare. Alcuni si lamentavano di essere stati costretti ad abbandonare il cibo in cucina che tutti, compresi i guardiani, avevano pianificato di gustare insieme dopo la lunga e faticosa giornata. Fortunatamente, c’era cibo in abbondanza nelle caverne – anche se non era né fresco né caldo – e c’era più acqua del necessario grazie al fiume sotterraneo che scorreva attraverso le caverne, così le lamentele alla fine si placarono, in particolare quando le grida della creatura aumentarono di intensità.
Poco prima dell’arrivo della Serpe, Elyana – che aveva trascorso gli ultimi minuti a far scontrare i suoi pensieri con la consapevolezza che quella notte sarebbero morti in molti – batté le mani facendo riverberare un suono innaturalmente forte attraverso tutta la cittadella. Tutti si voltarono verso di lei come attratti da una forza e lei, con una voce che rimbombava tanto innaturalmente quanto il suono del battito di mani, diede agli uomini il suo ultimo consiglio. Esortava i difensori a rimanere calmi, nonostante la tremenda paura che avrebbero potuto provare, e a concentrarsi sul colpire la testa e le ali della Serpe, vale a dire i punti deboli di una creatura volante ben corazzata. I soldati annuirono, mentre i civili restarono fermi a tamburellare nervosamente le dita sulle armi o a guardarsi l’un l’altro con l’aria spaurita. Il terrore permeava la fortezza come se fosse un oggetto tangibile.
Poi arrivò. Molti uomini semplicemente si gelarono, sorpresi e scioccati alla vista del gigantesco lucertolone, mentre molti dei più giovani potevano essere visti voltarsi verso i loro principi come a chiedere: “Come dovremmo combattere questa cosa?”, Elyana vide anche quello che sembrava essere un gesto di sfida nelle espressioni di alcuni uomini. Sembravano pensare: “Vieni, vieni, miserabile! Non so cosa vuoi da noi, ma ti combatterò fino alla morte!”
Ma le grida, le grida erano così forti e penetranti che le sentivano anche quelli che si nascondevano nella profondità delle grotte. I bambini iniziarono a piangere a dirotto e le loro madri non potevano fare altro che stringerli più forte, cercando al contempo di contenere la loro paura disperata di morire lì, tutti quanti. Molti, soprattutto le donne più anziane, si inginocchiarono e iniziarono a pregare la Creatrice e i Fondatori.
Lungo le mura della cittadella, alcuni abitanti del villaggio – incapaci di aspettare il segnale degli ufficiali e temendo che se avessero aspettato ancora un attimo sarebbero morti – scagliarono le prime frecce addosso alla Serpe. La creatura rispose subito con un urlo di rabbia, poi si lanciò verso i contadini che avevano tirato le frecce. A quel punto Harlion e Kendor diedero agli arcieri l’ordine di sparare.
Inizialmente, nessuno riuscì a piazzare neanche una freccia sulla lucertola furibonda. I civili, sparsi tra i soldati, fecero del loro meglio per colpire la Serpe, ma la loro paura e i tremori che ne conseguivano fecero sì che quelli mancassero di alcuni metri il loro bersaglio. Anche i soldati mancarono la Serpe inizialmente, non essendo abituati alle raffiche che creava con le ali e che deviavano i loro proiettili.
Tuttavia, i guardiani, divisi in arcieri e lancieri, con questi ultimi disposti lungo le mura alte e i primi lungo i bastioni inferiori, erano ben disciplinati e attrezzati, nonché più veloci nell’aggiustare le loro tecniche, e presto cominciarono a colpire la Serpe. Eppure, nessuno di loro esultò. Anzi, fissarono con lo sguardo incredulo le frecce cadere a terra dopo aver rimbalzato sul corpo della Serpe.
Toras era altrettanto scioccato. Il guardiano accanto a lui disse: “Questo non è un rokon ordinario, Signor Comandante, giuro sulla mia vita che non lo è.”
Elyana, non volendo indebolire la nebulosa o gli scudi vincolati dei principi, resistette all’impulso di sostenere i difensori con i propri attacchi.
Dopo qualche altra sfortunata raffica degli arcieri e dei lancieri, il Gran Principe riuscì finalmente a trafiggere le ali della Serpe con una freccia ciascuna. Gli uomini gridarono di gioia. Vedendo suo fratello non troppo lontano da lui, Aithen gridò: “Il primo vero colpo, Toras!”
Aithen si stava forse prendendo gioco di lui? Toras quasi colpì la creatura all’occhio destro, ma rimbalzò sulle squame in prossimità; Toras guardò Aithen, infuriato per averlo mancato, soprattutto dopo che l’attacco del fratello aveva avuto successo.
Un attimo dopo, però, anche Toras riuscì a trafiggere con una freccia l’ala sinistra della Serpe. Persino qualche soldato riuscì a perforare gli arti della Serpe, lacerandole nuovamente l’ala destra. Il volo della creatura divenne improvvisamente convulso e si udì un grido rabbioso.
Con tutte queste ferite, gli uomini erano sicuri che il rokon avrebbe rallentato, ma la lucertola si proiettò verso l’alto lasciandosi trasportare dai venti per un minuto. Si stava forse guarendo attraverso qualche potere innaturale? Toras e Aithen si guardarono preoccupati, rifiutandosi di credere a quello che sapevano di stare pensando entrambi.
La Serpe riprese il suo attacco e uccise diverse persone, schiantandosi contro le mura della cittadella per poi farle precipitare verso la loro morte. Come Elyana aveva predetto, il coraggio dei combattenti – soprattutto quello dei civili – cominciò a vacillare di fronte a un nemico così inarrestabile. Quindi Aithen decise che era ora che lui e suo fratello andassero in giro per la fortezza a tenere alto il morale dei loro uomini. Chiamò Toras e indicò con un movimento della testa alcuni contadini presi dalla disperazione che avevano gettato le armi a terra. Toras annuì e si diresse verso di loro, ma non prima di aver urlato ai suoi uomini di continuare a sparare alla creatura e agli scudieri di ricaricare le faretre.
Quando Aithen si avvicinò a un paesano di mezza età e a quelli che dovevano essere i suoi tre figli adolescenti – tutti seduti con le spalle al muro e con lo sguardo abbandonato – provò della rabbia. Ecco un uomo che, a causa della sua paura e del suo indugiare, impediva ad altri tre di combattere! Aithen s’inginocchiò, per essere alla pari con il contadino, e disse: “Brav’uomo, ho bisogno che tu continui a combattere. Ho bisogno che continuiate a combattere. So che sembra terribile, ma – ”
Il grigio paesano alzò improvvisamente la testa e chiese con rabbia come potevano combattere quel mostro. Ma quando vide la sorpresa e la delusione del principe, si sentì profondamente imbarazzato e si scusò, promettendo di provarci.
Aithen aiutò l’uomo a rimettersi in piedi e quel gesto semplice diede al contadino più coraggio delle parole. Sollevò il suo arco, chiamò i suoi figli e tutti e quattro tornarono ai loro posti più risoluti di prima. Il principe continuò il suo giro, gratificato da questo piccolo successo.
***
Elyana, sola al centro di tutto, con il viso illuminato dalle torce che circondavano la fontana, poteva essere vista sudare e sfiancarsi per mantenere in funzione la nebulosa che ricopriva la fortezza, così come gli scudi dei principi. Sembrava che il campo di disgregazione stesse funzionando dato che non aveva ancora notato nessuno chinarsi inspiegabilmente o gettarsi in ginocchio a pregare dopo aver visto un qualche “spirito” che abbandonava il corpo del suo vicino. Per quanto riguardava gli scudi vincolati, avevano già salvato la vita dei principi un paio di volte deviando grandi frammenti di pietra che la Serpe aveva fatto crollare dai bastioni della fortezza. Aithen e Harlion si voltavano verso di lei di tanto in tanto, chiedendosi per quanto ancora avrebbe potuto disporre degli scudi.
Passò un’altra ora, alcuni colpi andarono a segno e altri mancarono il bersaglio, ma nonostante tutti avessero dato il meglio, nonostante le numerose ferite inflitte alla Serpe, questa sembrava non poter essere fermata e men che meno uccisa. Di tanto in tanto, volava in cima alla rupe di fronte alla cittadella e si riposava. Ogni volta che lo faceva, Aithen si fermava, faceva un paio di respiri lenti, puntava alla testa e scoccava una freccia. Il principe avrebbe dovuto essere in grado di colpire il bersaglio, ma ogni volta la Serpe muoveva la testa poco prima di essere colpita. Era come se sapesse quando Aithen scoccava. Tutto ciò che il principe poteva fare era ringhiare infuriato e, dopo qualche istante di riposo, la Serpe tornava giù per continuare il suo attacco con rinnovata furia.
Ormai, la creatura aveva completamente distrutto la torre esterna nord-occidentale della fortezza; tre frustate, usando la coda come con una gigantesca mazza, bastarono a distruggerla e a condannare a morte una dozzina di uomini. Inoltre, diverse parti del villaggio erano in fiamme, dopo che la Serpe aveva distrutto alcune case dove le lanterne erano state lasciate accese. Gli animali – muggitori, belatri e trombettieri, così come gli ululoni – erano morti in agonia o erano fuggiti lontano. Era un bene che le cavalcature delle Guardie fossero coperte dalle pareti protettive della montagna o probabilmente avrebbero subito lo stesso destino degli animali del villaggio.
Inaspettatamente, la Serpe emise all’improvviso un urlo di dolore e cominciò a precipitare verso terra. Gli uomini sull’anello interno delle mura a nord applaudirono ed esultarono. Uno di loro aveva infilato una lunga freccia proprio accanto alla giuntura alare della Serpe. Ma così inaspettatamente com’era crollata, si rialzò, togliendosi la freccia dall’arto, e attaccò la fortezza con ancora più rabbia e cattiveria. Si lanciò su cinque uomini, quattro soldati e un abitante del villaggio, e li fece a pezzi con un movimento a spirale. Uno degli uomini rimase agganciato ai denti sul petto della Serpe, così a fondo che incastrandosi su di essa la rese più lenta e impacciata. Allora la creatura si scrollò violentemente di dosso il corpo, facendolo cadere proprio accanto a Elyana. Sangue e carne le schizzarono addosso; se in quel momento la donna provò repulsione, di certo non lo mostrò.
Il rokon volò sopra la rupe e si fermò su una sporgenza per riposare ancora un momento. Quando discese, emise uno stridio così violento e assordante che molti uomini caddero in ginocchio e iniziarono a piangere come bambini. Pochi erano quelli che avevano affrontato qualcosa di vagamente simile prima d’ora.
Elyana, vedendo che la situazione era disperata, sentì la rabbia gonfiarsi dentro di sé. Domande e pensieri le inondarono la mente Perché questo abominio è qui!? Che cosa vuole? Devo porre fine a tutto questo, altrimenti saremo tutti annientati prima del tramonto. Ma sono così stanca. In ogni caso, devo resistere. Non posso lasciarla vincere, e devo proteggere i principi… devo resistere… La Portatrice di Luce decise infine che era giunto il momento di correre dei rischi e iniziare ad attaccare la Serpe. Anche se così facendo probabilmente avrebbe indebolito la nebulosa e gli scudi vincolati. Sperando di evitare la loro completa dissipazione, si concentrò sul suo metabolismo e accumulò una certa quantità di zuccheri intorno ai punti del suo corpo che sostenevano gli scudi. Fatto ciò, fece un respiro profondo e cominciò ad attrarre verso di sé gli atomi dall’aria intorno a lei, creando così un denso bolide infuocato a forma di giavellotto. Gli uomini si voltarono e guardarono con stupore l’apparizione dell’oggetto luminoso e dall’aspetto minacciososo di fronte alla Lux Baiula.
Elyana lanciò il proiettile. Il bolide sobbalzò verso il bersaglio con un sibilo ardente. Per tutti, a esclusione di Elyana e dei principi, che avevano anch’essi una vista migliorata, il fulmine sparì all’istante. Ma a prescindere dalla durata apparente del volo del bolide, il risultato fu chiaro a tutti quando lo videro svanire nel momento stesso in cui colpì la Serpe.
Il cuore di Elyana quasi affondò quando vide diversi uomini inginocchiarsi all’improvviso, senza una causa apparente. Si rese conto allora che le sue paure si erano avverate, che la nebulosa si era effettivamente indebolita quando aveva spostato la sua attenzione.
Gli uomini urlavano a squarciagola, con le mani sulle tempie e in preda al terrore, cercando di resistere a qualcosa di invisibile. Fortunatamente per loro – qualcuno direbbe – l’agonia non durò a lungo, e dopo qualche istante quei disgraziati caddero esangui. Coloro che stavano accanto a loro furono colti da una paura diversa da tutte quelle che avevano provato prima e si fermarono impietriti, dimenticandosi persino della Serpe.
Elyana rinforzò un po’ di più la nebulosa e poi rifocalizzò la sua mente sulla creatura, nonostante sapesse in fondo di avere appena commesso un grave errore che aveva causato l’orribile morte di quegli uomini. Finché non colpisce i principi… pensò. Formò nuovi bolidi di fuoco e li lanciò sulla Serpe, ignorando la morte e lo scenario catastrofico che la circondava. Ma i bolidi continuavano a svanire non appena toccavano la lucertola.
Così, Elyana iniziò a lanciare enormi spirali di fuoco, che riempì di materia infiammabile raccolta dal terreno. Le fiamme circondarono completamente la Serpe. Questa volta, la bestia emise delle grida di dolore mentre le particelle di detriti le tagliavano e bruciavano la pelle. Acclamazioni si alzarono dai difensori della fortezza in risposta al primo colpo di successo di Elyana e alla pausa inflitta agli attacchi della Serpe. Elyana stessa sentì un piccolo senso di speranza nascere dentro di sé. Ma la Serpe guarì le sue ferite nel momento in cui Elyana smise di colpirla per riprendere fiato e riprese i suoi attacchi, questa volta roteando in picchiata verso una dozzina di civili non protetti e riducendoli a brandelli.
Elyana si disperò al cospetto del suo fallimento e contro ogni logica, nonostante il pericolo che correva lei stessa, decise di raccogliere quanta più energia possibile con il solo obiettivo di spedire la Serpe negli Inferi. Man mano che il flusso di energia aumentava, i suoi capelli si rizzavano e il suo viso diventava duro come marmo. La donna s’illuminò d’un leggero bagliore bluastro che iniziò a irradiarsi dal suo corpo. Soldati e civili si voltarono verso di lei, ipnotizzati da ciò che stavano vedendo, a prescindere dal fatto che lo avessero già visto prima o meno.
Ma proprio quando era pronta a scatenare un colossale colpo di tuono – un’arma vincolata, raramente usata in battaglia a causa della difficoltà a mirare con precisione – la Serpe si fermò a mezz’aria, si voltò verso la Lux Baiula e posò lo sguardo dritto su di lei. Frecce e lance smisero di volare e tutti nella fortezza, compresi Toras e Aithen rimasero immobili. Era come se stesse per accadere qualcosa di fondamentale; nessuno osò parlare, nessuno osò fare una domanda e nessuno si mosse. Anche il Sole Rosso sembrava aver smesso di calare, così da poter illuminare questo momento cruciale. Neanche un minuto dopo, tutti videro la Lux Baiula oscillare al centro della piazza, quando una quantità inconcepibile di energia si protese da lei, come l’acqua attraverso una diga rotta, ed esplose contro la parete della montagna. La roccia si frantumò per un tratto largo almeno trenta metri e dei grossi blocchi di pietra piombarono dentro e fuori dalla fortezza. Decine di uomini furono colpiti dalla pietra e molti finirono schiacciati.
I principi, che erano in piedi l’uno accanto all’altro, videro un’enorme masso precipitare verso di loro, mentre un’altro masso sfrecciava contro Elyana. Toras e Aithen saltarono istintivamente all’indietro e caddero pensando di morire. Ma la roccia si frantumò due metri sopra di loro, fermata dagli scudi vincolati, che erano evidentemente, e fortunatamente per loro, ancora attivi.
La Lux Baiula invece era caduta a terra, ferita da un frammento di roccia che le aveva colpito la gamba destra. Tuttavia, si alzò di nuovo in piedi e si fermò a riflettere per un istante. Non venendole alcuna idea, ripristinò la nebulosa e, con un altro immane sforzo mentale, estrasse l’umidità dal terreno per avvolgere la cittadella in una fitta nebbia, sperando così di guadagnare qualche minuto per ritrovare la calma e pensare alle sue possibilità. Con immenso sollievo, Elyana sentì il battito delle ali della Serpe e il suono delle sue urla allontanarsi mentre volava ancora in cima alla rupe.
Con un piacevole respiro, un respiro che apparentemente aveva trattenuto per troppo tempo, la Lux Baiula allontanò la disperazione, che aveva avuto la meglio su di lei in precedenza, e iniziò a ripercorrere innumerevoli tattiche, cercando di pensare a una soluzione che tenesse al sicuro i difensori mentre lei cercava di abbattere la Serpe. Ma nemmeno le sue memorie trasferite offrivano strategie utili.
Mentre Elyana si spremeva le meningi in cerca di qualche linea d’azione che avrebbe permesso loro di sconfiggere la Serpe, Harlion correva più veloce che poteva, urtando gli uomini a causa della nebbia, e scavalcandoli all’ultimo momento o facendosi strada tra loro per arrivare ai principi. Aithen, salassato dall’incidente appena sfiorato, stava aiutando il fratello a rialzarsi, quando arrivò il capitano ansimante.
Respirando con affanno, Harlion disse: “Miei Signori, pensavo che sarebbe stata la vostra fine.”
Aithen rispose: “Noi stiamo bene, Harlion, ma Elyana?”
“Beh, l’ho vista ancora in piedi vicino alla fontana centrale poco prima che questa strana nebbia coprisse la fortezza, mi bruciasse il Creatore se so come può non essere ancora crollata. Ma, Vostra Altezza, a quanto pare la Lux Baiula non sarà in grado di sostenere lo sforzo ancora a lungo e le nostre frecce e lance non servono a nulla contro la Serpe. Ci serve qualcos’altro!”
Aithen annuì con un cenno del capo e chiese: “Cosa propone, capitano?”
“Mio principe, vorrei portare alcuni dei nostri uomini nella torre interna a sud-est.” Aithen stava per rispondere, ma lo lasciò continuare.
“So che la torre è fuori dalla portata della nebulosa, mio principe, ma da lì saremo in grado di usare le arbaleste e, forse, riusciremo a eliminare questa miserabile cosa come noi due avevamo fatto con i varagoti tanto tempo fa. Sempre che questa nebbia si sollevi.”
Toras lanciò un’occhiata dubbiosa all’ufficiale e disse: “Gran Capitano, quelle arbaleste non vengono usate da secoli e dubito che ci sia qualcuno in grado…”
“Mi scusi Signor Comandante, ma io ho qui degli uomini che le sanno usare.”
Toras si accigliò e stava per rispondere a tono, quando sopraggiunse un giovane scudiero ansimante.
Rivolgendosi ad Aithen, disse: “Mio Principe, ho un messaggio urgente della Lux Baiula.”
Aithen chiese, in modo più brusco di quanto intendesse: “Beh, cosa c’è, Kil?”
Kildare era lo scudiero del principe. Era un giovane umano di diciotto anni, figlio di un signore minore a nord-ovest della capitale.
Kildare si raddrizzò e rispose: “La Lux Baiula vuole che ti informi che ha creato questa nebbia in modo che possa riposare per qualche minuto e darci la possibilità di riorganizzare le nostre difese. Ha detto che frecce e lance non funzioneranno, ma nemmeno le sue… tecniche vincolate. Suggerisce di usare le…”
Toras lo interruppe e disse: “Le arbaleste? Come può pensare a quelle?”
Il messaggero alzò le sopracciglia e scrollò le spalle.
Toras continuò: “Beh, non importa. Il Gran Capitano Harlion ha appena avuto la stessa pensata.” Poi, rivolgendosi al capitano, disse: “Molto bene, capitano. Sembra che le arbaleste siano la soluzione. Come posso aiutarla?”
“Ho bisogno delle reti per varagoti e dei dardi per le arbaleste.”
“Abbiamo entrambi, Capitano. La rete è nell’armeria, e i dardi sono già vicino alle arbaleste. Farò portare la rete a qualcuno, ma è pesante. I miei uomini avranno bisogno di qualche minuto.”
“Grazie, Signor Comandante. Ho già un uomo che può portare ben due reti correndo su per la torre. Se non le dispiace mando lui a recuperarla.”
Toras sbatté le palpebre stupito. Le reti per varagoti pesavano quasi 25 chili l’una! Come può un uomo solo portarne due su quelle scale? Ma disse: “Molto bene. Nient’altro?”
“Sì. Ho bisogno che la Lux Baiula attiri l’attenzione della Serpe in modo che ci mostri la pancia o il fianco prima di rilasciare il dardo. Le darò il segnale quando saremo pronti.” Harlion fece un gesto con il braccio.
Aithen rispose: “Dirò a Kil di riportarle il messaggio, Capitano.”
Aithen continuò: “Stai attento, amico mio. E al primo segnale di pericolo esci dalla torre con i tuoi uomini e tornate nella zona sicura.”
Il Gran Capitano fece un cenno con la testa a entrambi i principi, oltre a un sorriso coraggioso ma consapevole, e se ne andò il più in fretta possibile.
Aithen lo seguì con gli occhi finché la nebbia non lo inghiottì, ovvero a pochi passi di distanza. Si sentiva orgoglioso di avere un uomo così coraggioso e saggio al suo fianco e sperava davvero che il piano di Harlion funzionasse e che quell’uomo non sarebbe caduto preda della Serpe.
Toras aveva ancora un’espressione dubbiosa in viso, ma sembrava che il Gran Capitano Harlion sapesse quello che stava facendo, così decise di fidarsi del vecchio soldato e rivolse l’attenzione ai suoi uomini dopo aver fatto al fratello un gesto di congedo.
Dopo aver visto Toras scomparire nella nebbia, Aithen si rivolse a Kildare, che stava ancora aspettando una risposta, e disse: “Kil, torna da Elyana per farle sapere che ho ricevuto il suo messaggio e che ho bisogno che sollevi la nebbia tra dieci minuti. A quel punto dovrà stare attenta al segnale del capitano. Il capitano sarà nella torre interna a sud-est. Dille che quando vedrà questo segnale” – e Aithen ripeté il gesto di Harlion –” dovrà distrarre il rokon in modo che mostri la pancia o il fianco alla torre. Questo è tutto, ora vai!”
Lo scudiero si congedò e corse a riferire le istruzioni del principe a Elyana.
Nel frattempo, Harlion stava radunando i suoi uomini con il cuore che ancora gli batteva forte dopo la corsa frenetica. A causa della nebbia, si era accidentalmente scontrato con alcuni uomini, l’ultimo dei quali era uno dei suoi ufficiali, il Secundus Loris, cugino dei principi. L’uomo iniziò a imprecare, ma poi si scusò quando si rese conto di chi lo aveva urtato.
Con evidente urgenza, Harlion disse: “Le mie scuse Secundus, ma dove sono i gemelli?!”
“Al secondo piano, Capitano, verso l’estremità meridionale delle mura interne”, rispose l’ufficiale, indicando la posizione degli uomini, anche se non si riusciva a vedere nulla attraverso la fitta nebbia.
“Perfetto!”, disse Harlion, mentre riprendeva la sua corsa a rotta di collo lungo la fortezza per radunare i suoi uomini. I gemelli, Mekiir e Kemiir, erano dell’Alta Alvinoria. Non erano tipi di statura elevata, ma avevano una muscolatura possente, che Harlion intendeva sfruttare. Appena sopraggiunse il loro comandante esortantandoli a seguirlo, loro si voltarono, raccolsero le loro lance e iniziarono a rincorrere Harlion, che aveva già ripreso a precipitarsi in direzione del terzo uomo al lato nord-occidentale delle mura interne.
Urlis era di Shadin. Vantava anch’egli una muscolatura possente come quella dei gemelli ma, al contrario di loro due, era anche molto alto e, soprattutto, aveva esperienza con le reti – che normalmente richiedevano cinque uomini comuni per poter essere maneggiate e gettate – poiché era cresciuto sulle navi da pesca aiutando suo padre a cacciare i leviatani marini, creature da otto a dieci volte più grandi della Serpe.
“Urlis, ho bisogno che tu prenda la rete per i varagoti e che la porti alla torre interna sud-orientale. Il Secundus Loris ti mostrerà dove. La caricherai sull’arbalesta e la userai per catturare quella bestia nel caso in cui non riuscissimo a ucciderla. Sbrigati!”
Urlis rispose soltanto con un luccichio feroce negli occhi e si dileguò alla ricerca del Secundus Loris.
Harlion si precipitò verso la torre con i gemelli. Dobbiamo essere puntuali. Dobbiamo farcela. La Lux Baiula probabilmente non resisterà ancora a lungo e dobbiamo trovare un modo per distruggere quella miserabile creatura prima che lei esaurisca le energie e cada priva di sensi o morta. Se dovesse succedere, saremo tutti condannati.
A Harlion e ai gemelli bastarono due minuti per coprire i cinquecento metri tra le mura nord-occidentali e la cima della torre sud-orientale, il che fu una vera impresa per l’anziano capitano. Infatti, l’uomo sentì un improvviso e breve dolore al petto quando raggiunsero la cima della torre e per un momento si chiese se non sarebbe stato il suo cuore a fermarlo prima ancora della Serpe.
Tuttavia, il soldato che era in lui riportò immediatamente la sua attenzione ai suoi doveri e disse: “Mekiir, Kemiir, ho bisogno di voi perché siete due dei pochi uomini che sanno ancora usare queste enormi balestre.”
I fratelli guardarono le armi alla loro destra: a differenza delle solite arbaleste portatili, queste erano installate su una base girevole. Misuravano tre metri di lunghezza e i loro bracci erano ampi quasi due metri. Erano usate esclusivamente contro i varagoti, ma questa grande specie predatrice era scomparsa dalla zona già quindici anni prima e quindi nessuno dei guardiani attualmente assegnati alla fortezza aveva esperienza con l’arma. I gemelli, tuttavia, erano specializzati nella caccia ai varagoti e fin da quando erano sedicenni continuavano a praticarla tutti gli anni. In effetti, Harlion li mandava per un mese in tutto il regno, ogni autunno, a cacciare questi predatori, che purtroppo erano incompatibili a vivere insieme agli umani. Un sorriso malizioso si dipinse sui volti dei gemelli quando si guardarono.
Harlion continuò: “La mia speranza è che questi dardi siano in grado di perforare la pelle del rokon, anche la più spessa, a patto che colpiscano la pancia o il petto. Per aiutarvi, la Lux Baiula cercherà di far sì che il rokon presenti il fianco o il ventre prima di scoccare i dardi.”
I fratelli annuirono.
In quel momento, Urlis arrivò con l’enorme e pesante rete, a malapena ansimando e sudando. I gemelli guardarono l’uomo alto con occhi invidiosi.
Harlion annuì e disse: “Raggiungete i vostri posti, uomini, e abbattiamo questa creazione dell’inferno!”
I tre guardiani si prepararono in un batter d’occhio, Kemiir e Mekiir presero le arbaleste a sinistra e destra e Urlis quella centrale. Mentre gli uomini iniziavano a caricare le loro armi, si chiesero se le macchine avrebbero funzionato correttamente, perché era evidente dalle difficoltà che avevano nel caricarle che non erano state calibrate e oliate per almeno un decennio.
Una volta che tutti ebbero finito di caricare le armi, i fratelli con pesanti frecce spinate e il figlio del pescatore con una rete per varagoti, lanciarono uno sguardo al loro capitano per segnalare che erano pronti e attesero con ansia che la nebbia si diradasse e che la creatura si palesasse.
Harlion chiuse un attimo gli occhi e capì che i dieci minuti indicati a Elyana per sollevare la nebbia erano quasi passati. La concezione del tempo era una cosa che tutti gli ufficiali dovevano imparare, ma che non tutti padroneggiavano – Harlion sì. Tenendo gli occhi chiusi, disse “Siate pronti”, poi iniziò a contare silenziosamente: “7, 6, 5, 4, 3, 2, 1.” La nebbia si sollevò non appena disse “uno”, come se stesse eseguendo gli ordini.
Ciò spaventò i soldati, perché anche se sapevano che gli ufficiali dovevano sviluppare la capacità di predire l’ora – o nascevano con essa? – la nebbia sembrava essere scomparsa improvvisamente a causa sua. Ma sapevano la verità e rivolsero la loro attenzione alla cima della rupe, dove il rokon rimaneva ancora appollaiato, chiedendosi quando sarebbe sceso di nuovo.
Non passò molto tempo prima che la Serpe rispondesse, lanciandosi contro la fortezza. Vedendo la creatura apparentemente guarita del tutto, i cuori di Mekiir e Kemiir iniziarono a saltare i battiti e i due pregarono velocemente i Fondatori nella speranza che li aiutassero, in modo che non fossero già costretti a ricongiungersi con i loro antenati. Stringevano le mani sulle arbaleste e i loro occhi non vedevano altro che il bersaglio.
I gemelli gridarono all’unisono: “Forza, forza, maledetta bestia! Finiamola qui!”
Non un attimo dopo, il lucertolone snaturato si voltò verso la torre, strillando e guaendo. Quando la Serpe si trovò a meno di cinquanta metri dalla struttura, Harlion diede il segnale alla Lux Baiula. Elyana si ritirò nel Legame, attirando a sé la Serpe con la massima intensità, e diresse la creatura verso ovest con la pancia esposta. In quel momento, Harlion diede ai gemelli l’ordine di fare fuoco e i giavellotti mortali scoccarono attraverso l’aria, come se avessero aspettato secoli per questo momento – e tutti trattennero il respiro.
Tuttavia, i Fondatori dovevano aver ritenuto le preghiere insufficienti, perché proprio all’ultimo momento la Serpe eseguì una manovra ad anello stretto e schivò i dardi. I fratelli, infuriati, la maledissero.
Il capitano, notando l’improvviso cambio di direzione della Serpe e rendendosi conto che intendeva colpire la torre, gridò: “Urlis, preparati! Mekiir, Kemiir, presto! Caricate e fate fuoco, ancora!”
I gemelli si affrettarono a ricaricare le armi.
Mekiir urlò arrabbiato: “Maledizione! Che siano dannati i Fondatori! La mia arbalesta è bloccata!”
Il capitano diede un pugno al muro e chiese: “Kemiir, tu sei pronto?”
Fortunatamente, Kemiir annuì e Harlion fece un altro segno a Elyana, seguito immediatamente dall’ordine di fare fuoco per Kemiir.
Kemiir sparò e, per un momento che sembrò durare un’eternità, pregò di colpire la creatura. Ma il dardo la mancò ancora. La Serpe si era fermata troppo presto, catapultandosi verso l’alto poco prima che l’arma la colpisse, e il proiettile continuò la sua traiettoria piantandosi in terra a pochi metri da Elyana.
Elyana pensò: Quante volte ancora carne, roccia e frecce atterreranno qui accanto a me? Intanto, Kemiir si coprì il viso e scosse la testa, pensando a quello che era quasi accaduto.
Urlis era rimasto in silenzio per tutto il tempo, ma in quel momento urlò infuriato che lui poteva farcela, poteva colpire la bestia, e chiese di prendere il posto di Mekiir o di Kemiir.
Harlion scosse la testa e disse con voce avvilita: “No, meglio riprovare…” Mentre parlava, la creatura si voltò, pronta a tornare alla carica. Harlion se ne accorse e gridò: “C’è l’Oscuro in questa bestia. Urlis, la rete! È la nostra ultima possibilità. Sbrigati!”
Il figlio del pescatore guardò il suo bersaglio negli occhi e si preparò; non avrebbe mancato il bersaglio! Tuttavia, si chiedeva se quei denti che ricoprivano la creatura su tutto il corpo non avrebbero semplicemente tagliato la rete. Ma doveva crederci, lo fece, e diede all’arbalesta un ultimo giro di manovella.
Mekiir disse: “Forza Urlis, fai fuoco!”
L’uomo rispose calmo: “No, non ancora.”
Anche Kemiir gridò al compagno di gettare la rete, ma Urlis aspettò – Harlion trattenne il respiro, fidandosi del suo uomo. Tuttavia il capitano prese nota nella sua mente di redarguire i gemelli – se ci sarebbero stati superstiti – della loro interferenza.
La Serpe era ormai a soli trenta metri dalla torre quando i gemelli fecero per gridare di nuovo al loro compagno, ma Harlion li squadrò improvvisamente con uno sguardo severo e i due si morsero la lingua. Tutti erano così tesi che i loro muscoli rischiavano di strapparsi, sembrava chiaro che, se Urlis avesse aspettato ancora, la Serpe avrebbe colpito la torre. A quel punto, il capitano e i gemelli sentirono Urlis tirare la leva e lanciare la rete, con flemma e precisione. La rete avvolse la Serpe e Urlis esultò euforico: “Sì! L’ho preso, Capitano! L’ho preso!”
Harlion ringraziò i Fondatori, mentre Kemiir e Mekiir maledissero il figlio del pescatore per le ulcere che aveva loro causato. Gli uomini urlarono di gioia quando la creatura cominciò a precipitare. C’erano riusciti e sembrava ancora impossibile – esattamente come a tutti gli altri difensori. Ma la gioia durò poco, perché la Serpe cominciò a contorcersi e presto fece a brandelli la rete. Ora , incredibilmente, ruggìva rabbiosa e volò di nuovo in direzione della torre.
Con tutta la forza che aveva nei polmoni, Harlion ordinò ai suoi uomini di saltare fuori dalla torre, ma prima che riuscissero a uscire arrivò la Serpe, che si schiantò contro la struttura. La cima si frantumò e le pietre caddero verso le loro teste. Un grosso pezzo del tetto crollato urtò Harlion spingendolo all’angolo. Ma lui riacquistò rapidamente i sensi, si tirò fuori da sotto la lastra di pietra e si alzò di nuovo in piedi per cercare i suoi uomini. Il suo cuore sprofondò quando, di fronte a lui, vide Kemiir, morto, con la testa spappolata. Per un momento, non riuscì a vedere o percepire altro che il corpo spasimante e schiacciato del suo uomo. Ma recuperò i sensi – un ufficiale era abituato alla morte – quando sentì le grida addolorate di Mekiir e Urlis provenire da destra. Due uomini erano sopravvissuti! Harlion si precipitò da loro e li tirò fuori dalle macerie. Urlis stava abbastanza bene, il capitano lo spinse fuori dalla torre. Poi afferrò Mekiir e balzò fuori dalla torre con lui.
Forse la preghiera di Mekiir aveva finalmente raggiunto i Fondatori, perché le balle di fieno sul fondo della torre attutirono la loro caduta, pochi istanti prima che la Serpe si rischiantasse contro la torre, questa volta distruggendola completamente. Harlion ringraziò il fato, poiché nessuna delle pietre cadde loro addosso.
Nel frattempo, la Serpe si fermò a mezz’aria e scrutò le macerie con uno sguardo intenso e maligno; tutti osservarono la creatura, tranne Elyana che, per qualche motivo, fissava il punto in cui prima si trovava la torre con profondo sconcerto che a malapena riusciva a nascondere. Dopo un momento di paralisi, Elyana tornò in sé e notò la Serpe scrutare le macerie. Non riusciva a capire se qualcuno degli uomini fosse sopravvissuto al rovesciamento della torre, ma quando la Serpe urlò improvvisamente e lanciò uno sguardo pieno d’odio al di là dei detriti, capì che qualcuno era ancora vivo e che doveva fare qualcosa prima che la Serpe scendesse a finire il suo lavoro. La Lux Baiula decise di rimuovere gli scudi vincolati intorno ai principi e di crearne uno più grande sopra le macerie. Un attimo dopo, la Serpe sbatté contro quella barriera invisibile e venne scagliata verso destra. Infuriata, si diresse ancora verso il centro della fortezza, intenta a vendicarsi. Elyana gridò a Toras di mandare degli uomini a soccorrere i sopravvissuti al crollo della torre, dopodiché ripristinò rapidamente gli scudi vincolati intorno ai principi.
La disperazione fece il suo ritorno nel cuore di tutti quando la lucertola afferrò sei uomini – nonostante le centinaia di frecce e lance che la colpirono, alcune perforandole le ali – e li scagliò contro la montagna dietro la fortezza. Seguì un’altra mezz’ora di battaglia mortale e di intensa distruzione, dopodiché, la lucertola volò in cima alla rupe, dando l’impressione di volersi riposare di nuovo. Invece si gettò in picchiata su Aithen. Una futile raffica di frecce e lance si formò nel tentativo di impedirne la discesa verso il principe; la Serpe evitò completamente i proiettili, altri li bloccò con i suoi movimenti a spirale, oppure accettò di subire delle ferite per raggiungere il suo bersaglio.
Credendo che il Gran Principe fosse ormai condannato, tutti gli gridarono dal parapetto di mettersi al riparo, ma Aithen non si mosse. Poi, proprio nel momento in cui sembrava che la Serpe si sarebbe schiantata sul principe, quella virò a sinistra e afferrò un altro uomo. Il povero soldato emise urla di terrore e agonia mentre il mostro serrava il becco sui suoi fianchi e volava sempre più su.
Eppure, la Serpe non si allontanò di molto. Si fermò sopra la fortezza e si voltò a guardarla. L’orrore paralizzò tutti quanti quando la Serpe lanciò in aria l’uomo ancora agonizzante e lo riacciuffò, inghiottendolo intero, prima di voltarsi verso nord-ovest e infine andarsene, così come era venuta. Mentre si allontanava, colpì con la coda le pareti della montagna in un ultimo scatto d’ira e i suoi stridi – più profondi di quanto non fossero in precedenza, a causa delle vie respiratorie otturate dal boccone – diminuirono man mano che scomparve.
All’inizio, nessuno capì cosa fosse successo, né perché la creatura si fosse girata e se ne fosse andata. Ma dopo qualche minuto senza sentire le grida della creatura, alcuni combattenti s’inginocchiarono e pregarono, altri semplicemente ringraziarono i Fondatori o K’Tara stessa – a seconda delle loro convinzioni – per aver salvato la loro vita. Ben presto, però, gli uomini cominciarono a esigere risposte e a esternare le loro peggiori paure, i civili più che i soldati: Cos’era quella lucertola? Di certo non un rokon. Una creatura degli Inferi, sì! Venuta a distruggere l’umanità. No, i principi. Anzi, l’aveva evocata la Lux Baiula! E le emozioni divamparono nel momento in cui i principi non seppero dare risposte soddisfacenti, pur facendo del loro meglio per rassicurare tutti senza rivelare la verità o dare l’impressione di nascondere qualcosa. Quando alla fine tornò la calma, i principi e i loro ufficiali si misero a valutare i danni.
La distruzione fu enorme: praticamente tutte le case del villaggio erano state trasformate in pietre sparse e assi rotte, mentre la fortezza aveva subito molti danni strutturali. Tre delle torri presentavano dei fori enormi nei punti in cui le mura erano state frantumate, mentre la quarta – quella da cui Harlion e i suoi uomini avevano sperato di abbattere la Serpe – era completamente distrutta. Anche molte delle strutture più alte erano state danneggiate. Fortunatamente, la fortezza era stata costruita con l’aiuto delle Lux Baiulae che avevano usato il Legame per indurire il granito e fondere insieme i già grandi blocchi di pietra; senza questo processo, l’intera roccaforte sarebbe probabilmente crollata. Anche solo il fatto che la Serpe avesse abbattuto una torre e causato danni ad altre parti della fortezza preoccupava molti, soprattutto Elyana – in realtà, ciò la disturbava quasi più dei morti e dei feriti. Le pietre lavorate dalla Sorellanza erano concepite per durare in eterno, e così le strutture costruite con esse! Elyana non osava pensare alle conseguenti implicazioni.
Per quanto riguardava gli uomini, molti erano stati feriti, in particolare gli abitanti del villaggio, e una quarantina di loro erano morti, anche in questo caso erano per lo più abitanti del villaggio. Uno dei morti era Loris, cugino dei principi, un uomo coraggioso e Secundus della Guardia Reale. Aithen avrebbe dovuto informare lo zio. Ma per ora, doveva aiutare suo fratello a badare ai feriti, a tutti i morti e agli sfollati del villaggio.
Toras diede l’ordine di convocare le guaritrici e aggiunse di informarle che la Lux Baiula le avrebbe assistite con i feriti, civili inclusi, per assicurarsi che quelle non avrebbero fatto scenate inutili vedendola prendersi cura degli abitanti del villaggio. Diede anche l’ordine di far uscire gli abitanti del villaggio dalle grotte nel modo più ordinato possibile, così che potessero riunirsi con i loro familiari morti o feriti.
Il Primus Kendor e i suoi uomini fecero del loro meglio per regolare il flusso degli abitanti del villaggio che uscivano dalle grotte, ma il loro arrivo alla fortezza provocò un terribile trambusto, con donne, bambini e anziani che piangevano per i feriti o i deceduti. Tuttavia, dopo un paio d’ore, dopo aver disposto dei morti e aver pregato, una parvenza di calma tornò presso la fortezza. Era ormai passata la notte e ci si apprestava a recuperare la biancheria dai magazzini delle caverne per darla agli abitanti del villaggio che avrebbero dormito sui pavimenti di granito delle caverne quella notte – sempre se fossero riusciti a dormire.
***
Mentre si prendeva cura dei feriti, Elyana Lux Baiula reprimeva il senso di colpa che provava per aver permesso la morte di così tanti uomini quando aveva allentato la nebulosa, e poi di nuovo quando aveva perso il controllo del colpo di tuono. Il senso di colpa era lì, in attesa di un momento di debolezza per colpirla.
I principi e i loro ufficiali fecero del loro meglio per sopprimere qualsiasi critica alla donna, o qualsiasi rabbia sviluppatasi nei suoi confronti, e fecero in modo che tutti sapessero che se non fosse stata lì, nessuno dei difensori sarebbe sopravvissuto alle aggressioni mentali e fisiche della Serpe. Ma le persone sono persone, alcuni sembravano non poter fare a meno di attribuire la colpa a qualcuno, ovvero, in questo caso, la Lux Baiula. Infatti, le Sorelle spesso si prendevano la colpa di cose che non avevano causato, semplicemente per non sprecare energia nel difendersi. Preferivano rimanere concentrate sui loro doveri, a prescindere dalle conseguenze.
Ad aiutare Elyana a prendersi cura dei feriti c’erano le due guaritrici del villaggio, che erano anche medici per la Guardia della fortezza. Quasi ogni villaggio aveva una o due di queste donne, che avevano studiato i poteri curativi di certe piante e insetti. Il loro lavoro abituale era quello di prendersi cura delle ferite e delle malattie di cui soffrivano occasionalmente i loro concittadini. Ma quella sera, il compito era un po’ più impegnativo.
Se si sentissero le guaritrici preparare il cataplasma fresco, le si sentirebbe inveire sommessamente contro la Lux Baiula.
La più bassa, Frelina, sussurrò: “Perché è qui? Non abbiamo bisogno del suo aiuto, per Elande!” Aveva lo sguardo di una a cui piaceva essere al comando, ma a cui non era mai stata data la possibilità, forse a causa della sua attitudine.
Karista, l’altra guaritrice, era una donna alta e grossa. Alcuni, in particolare i bambini, la trovavano intimidatoria, soprattutto con i capelli legati dietro il collo che le tenevano il viso in tensione; era Prima Guaritrice di Passo del Corno. Lei rispose: “Neanche io mi fido molto della sua specie e non sono per niente sicura che, quando fanno quel che devono fare, non inculchino cose malvagie nella mente di coloro che dicono di aiutare. Una volta, in un villaggio vicino a Praeghe, una Lux Baiula andò a curare un uomo la cui gamba era appena stata schiacciata dal carro di un contadino. La gamba dell’uomo guarì, ma nei giorni seguenti, cominciò a correre per le strade, proferendo follie che non oso ripetere. Una delle guaritrici locali mi ha detto che quell’uomo era sempre stato un cittadino modello, almeno finché non lo curò quella strega!”
La donna più bassa rispose sussurrando una maledizione: “Non penso che siano solo storie, Karista. Hai sentito cosa dicono i soldati? Che ha ucciso una dozzina di uomini?”
“Sì, ma i Principi dicono che non è colpa sua, il rokon ha deviato il suo attacco. Quindi, per ora lasciamo perdere. In ogni caso, Frelina, non abbiamo scelta; ci sono troppi feriti. Ma se anche solo uno dei nostri perde il senno, posso prometterti che lei se ne pentirà.”
“Non sono sicura di potermi fidare, Karista. Potrebbe comunque fare qualcosa agli uomini per poi dare la colpa alla creatura.”
La risposta della Prima Guaritrice non lasciò dubbi sulla visione che aveva delle proprie capacità: “Credimi, saprò se lo farà.”
Verso l’estremità occidentale della piazza, Elyana camminò con passo deciso, seppur claudicante, in direzione di Mekiir, il gemello sopravvissuto. Un altro guardiano stava curando le sue ferite come meglio poteva, mentre Mekiir faceva del suo meglio per trattenere le grida di dolore. Urlis era seduto lì vicino, apparentemente illeso.
Quando arrivò, Elyana fece un respiro profondo, mise da parte le sue preoccupazioni e disse con un tono insolitamente premuroso: “Sei tu Mekiir?”
Con una smorfia che gli deformava il volto, il soldato annuì.
“Il Gran Capitano Harlion mi ha chiesto di curare le tue ferite.” Elyana si inginocchiò, valutò le condizioni dell’uomo e poi iniziò a strofinargli la gamba rotta, così come il braccio e il busto ustionati. Saborin, il compagno di Mekiir, guardò la Portatrice di Luce sperando che qualcosa di magico accadesse. Mekiir sentì le gambe, il braccio e il petto riscaldarsi ad ogni tocco della Lux Baiula. Il calore si diffuse fino alle ossa, poi sentì del dolore e il suo corpo si irrigidì.
Allora, Elyana chiuse gli occhi e si sentì proiettata all’interno di Mekiir. Aprì la sua mente ai colori vivaci causati dalla frattura dell’osso, che tagliava i muscoli e i nervi nella gamba. Una volta soffermatasi sulla regione interessata, cercò le zone di silenzio, ovvero i punti in cui si trovavano i pezzi di osso frantumato. Una volta trovati, creò un raggio risonante e lo usò per dissolvere i frammenti. Una volta che i frammenti si erano dissipati, si fermò a pensare a cosa fare subito dopo. Un medico sarebbe stato in grado di far ricrescere l’osso e riparare i muscoli lacerati, i vasi sanguigni e le fibre nervose, ma ciò andava oltre le capacità di Elyana. Invece, quello che poteva fare era dare il via all’autoriparazione dei tessuti, quindi diresse un fascio stretto di energia nei punti che sapeva essere zone di ricrescita, attivando così i processi cellulari necessari alla guarigione. Se tutto fosse andato per il meglio, anche grazie all’aiuto dei medici della capitale, Mekiir sarebbe tornato a stare bene come qualche Quarto prima.
Dopo essersi occupata della gamba rotta, Elyana diede un’altra occhiata al braccio destro e al busto del soldato e, vedendo che erano solo ferite superficiali, decise di non investirci la sua sempre più ridotta riserva di energia. Così, tolse le mani da Mekiir, si sedette, si asciugò la fronte con il fazzoletto e fece un respiro profondo e stanco.
Mekiir sentiva ancora il bruciore dei suoi muscoli, ma il peggio era passato. Voleva chiedere cosa avesse fatto la Lux Baiula, ma tacque; guardava meravigliato la donna.
Elyana disse: “La tua gamba è ancora rotta, ma starai bene; il tuo corpo non dovrebbe impiegare più di un paio di Quarti per finire di ripararsi. Ma dovrai farti visitare da un medico una volta tornato a Furania se vuoi che i tuoi tessuti ricrescano lisci e resistenti.”
L’uomo annuì.
“Lascerò che sia Saborin a fasciarti la gamba, il petto e il braccio.”
Saborin annuì apprezzando la fiducia datagli dalla Lux Baiula.
Elyana gli sorrise, poi continuò: “Mi dispiace per la tua perdita, Mekiir. Tu e tuo fratello siete stati molto coraggiosi lassù.” Poi, rivolgendosi sia ai soldati che a Urlis con lo sguardo dispiaciuto, aggiunse: “Siete stati tutti molto coraggiosi.” E con questo, si alzò e andò a cercare il prossimo uomo da guarire. Mentre camminava, Elyana unì il pollice con il dito medio. Fece poi diversi respiri lenti e profondi, riempiendo d’aria il suo corpo stanco, il più possibile. Ma sapeva che avrebbe presto avuto bisogno di cibo e di riposo; se avesse completamente esaurito le sue riserve, avrebbe avuto bisogno di diversi quarti per riprendersi e non poteva permetterselo, non ora che la Serpe era tornata su K’Tara.
Quando la Portatrice di Luce se ne andò, Saborin chiese al compagno cosa fosse accaduto e ricevette una risposta molto deludente. Mekiir non lo sapeva. Sapeva solo che adesso non sentiva più quel dolore lancinante e che riusciva a respirare con molta più facilità. Saborin finì per sperare di essere ferito pure lui la prossima volta, in modo da poter fare esperienza su se stesso di quello che facevano le Lux Baiulae quando guarivano qualcuno. Ma si rimproverò quasi subito di averlo pensato, perché di certo non voleva rivedere quella bestia infernale.