Buongiorno amici. Ecco, oggi, il quinto dei primi sei capitoli di Premonizioni.

Questo capitolo, chiamato La Migrazione degli Abitanti di Passo del Corno, vi permettera di conoscere meglio il Gran Principe Aithen e la consigliere della famiglia reale, Elyana Lux Baiula. Ci scoprirete d’altronde elementi curiosi sull’ecologia del pianetà come anche sui cibi degli abitanti. L’ultima scena del capitolo vi permetterà di ritrovare Toras e la sua compagnia che si apprestano a combattere il Serpente, di nuovo.

Ma, un corto aggiornamento sulla traduzione di Forebodings prima di lascarvi leggere l’estratto. Ho accettato quest’oggi il diciasettesimo capitolo del libro. Ce ne restano dunque nove altri da tradurre prima di poter fare un recensione finale, e poi formattare e pubblicare. Penso che entro novembre o dicembre, Paolo Pilati avrà terminato la traduzione. 

Come sempre, troverete qui il diagramma relazionale che mostra chi sono i personaggi principali e in che modo sono connessi.

Se vi piace questo capitolo, o meno, lasciatemi un commento in basso.

L.A. Di Paolo

V LA MIGRAZIONE DEGLI ABITANTI DI PASSO DEL CORNO

Poche ore dopo che Toras e la sua compagnia avevano lasciato il Passo del Corno, Aithen, i suoi guardiani ed Elyana iniziarono a preparare le persone alla partenza. La Guardia Nera – responsabile della difesa del Passo – così come molti falegnami, muratori e il capo di ogni famiglia, sarebbero rimasti lì per ricostruire il villaggio e riparare la fortezza. Anche la servitù rimase a occuparsi della cucina e delle altre necessità della guardia, proprio come le guaritrici.

In pochi giorni, le Sorelle sarebbero arrivate, su richiesta di Elyana, a supportare la riparazione della fortezza. In effetti, le Fascie Gialle erano abili nell’usare il Legame per rafforzare la pietra e, poiché la fortezza era l’unica cosa che separava la nazione nemica di Rokoth a ovest dalla Bassa Alvinoria a est, dove si trovava la capitale coriolana, la loro tecnica era necessaria.

A fine giornata, i carri erano carichi e pronti, tutte le provviste necessarie per il viaggio erano state raccolte e il Secundus Sheffar aveva già ricevuto le ultime direttive. Coloro che riuscivano a dormire lo facevano raccolti nelle tende o nei carri. Coloro che non riuscivano a trovare il sonno si rannicchiavano intorno al fuoco ad aspettare la mattina, cantando canzoni popolari di morte e di amore.

Quando il Sole Blu sorse, la maggior parte degli abitanti del villaggio, che attendeva ansiosamente l’ora della partenza, era già sveglia. Uomini, donne e bambini stavano rompendo il digiuno con del pane intinto nell’olio, qualora lo avessero, o con un bollito di sangue fresco dei loro muggitori, ottenuto tagliando la pelle sul collo dell’animale; altrimenti, bevevano acqua o vino. Circa sei ore e trenta minuti dopo l’Altanotte, il comandante Aithen ordinò al trombettiere di suonare il corno.

I cuori dei civili saltarono un battito quando sentirono il corno, e, volenti o nolenti, gli adulti prepararono i loro figli, i loro carri e se stessi, infine imbrigliarono e agganciarono i loro vorani, o i muggitori, ai carri. Le famiglie erano state autorizzate a portare con sé gli animali da traino e i loro ululoni, se ne avevano. Gli altri, avevano dovuto lasciarseli alle spalle. Ogni famiglia aveva anche confezionato un sacco di cibo secco per ogni adulto e mezzo sacco per i bambini o gli anziani, oltre a un barile d’acqua. Doveva bastare fino all’arrivo a Furania. Una volta lì, a ogni famiglia sarebbe stato fornito un riparo e un adulto per famiglia avrebbe ricevuto un lavoro temporaneo per sostenere economicamente la sua famiglia fino al ritorno dell’intera comunità a Passo del Corno.

Per quanto riguardava i guardiani, si diressero verso le posizioni loro assegnate con disciplina e senza particolare trepidazione. Cinque dei quindici guardiani cavalcavano il vorano, in modo da controllare la processione ordinata delle carovane, mentre i loro furani volavano liberamente accanto agli altri dieci guardiani che procedevano sul dorso dei furani. Le unità furaniche perlustravano terra – e aria – contribuendo così a garantire la sicurezza della carovana. Aithen decise d’intraprendere il viaggio sul dorso di un vorano, così da poter discutere alcune questioni con Elyana Lux Baiula e con i suoi capitani durante il viaggio verso la capitale. Il suo furano, Xyre, era libero di volare insieme agli altri furani senza cavaliere oppure di camminare affianco al vorano di Aithen.

Qualora qualcuno dei guardiani o degli ufficiali di Aithen fosse stato preoccupato al pensiero di portare un numero così elevato di rifugiati nella capitale, di certo non lo mostrava.

Il principe, seduto comodamente a cavalcioni sul vorano, guardò il suo furano, che già era in volo, e sospirò. Xyre era un animale straordinario. A ventisette anni, era un furano esperto e affidabile, cauto ma coraggioso, a differenza di Brucio che tendeva a correre troppi rischi – proprio come il suo padrone. Aithen ammirava l’affidabilità di Xyre più di ogni altra cosa, abilità che l’animale mostrava indipendentemente dalla sua condizione e dalle difficoltà che doveva affrontare. non era una mera casualità che l’animale appartenesse ad Aithen; la famiglia reale aveva diritto al miglior esemplare catturato durante le cacce decennali. Gli altri furani – per nulla malmessi – erano tipicamente divisi tra le unità alate della Guardia Reale e della Guardia Nera.

Una ventina di minuti dopo il primo segnale del corno, la carovana era pronta a partire. Aithen fece un nuovo cenno al trombettiere e il giovane fece risuonare un altro segnale, forte e chiaro, che desse il via alla carovana. Così, cominciò il cammino verso un luogo che la maggior parte dei civili nemmeno conosceva, se non attraverso le storie raccontate da mercanti e soldati. Molti degli abitanti di Passo del Corno provavano una sorta di eccitazione all’idea di andare a Furania, la città dei Re e degli Imperatori; era un sogno per chi non l’aveva mai vista e un ritorno alla sua magnificenza per chi già c’era stato. Ma nonostante l’eccitazione, la maggior parte di loro provava una sensazione di perdita, che rimase per un po’ mentre colpivano con la frusta i loro animali da traino per metterli in moto, facendo così partire la loro marcia verso la sicurezza della capitale sconosciuta.

La strada che collegava Passo del Corno e Furania era una delle rare strade ghiaiose che attraversavano il regno e pertanto, nonostante il viaggio si prospettasse lento, trattandosi di una carovana di ben novantacinque carri, almeno sarebbe stato relativamente comodo per i carrettieri.

Alcuni ragazzi scelsero di cavalcare gli animali da traino dei genitori, mentre molti dei ragazzi più grandi – già noncuranti delle paure del giorno precedente, o forse proprio per cercare di dimenticarle – decisero di correre accanto ai carri e di divertirsi tra loro, piuttosto che passare altro tempo insieme alle famiglie addolorate.

Dopo un paio d’ore, tuttavia, l’umore generale cominciò ad alleggerirsi quasi magicamente. Infatti, la Strada Capitale si trovava ormai a cinquanta chilometri dalla costa settentrionale e le melodie gioiose dei cinguini della zona, così come la brezza calda che iniziava a pervadere l’aria con il profumo del lonem, aiutarono a risollevare lo spirito della maggior parte della gente, se non di tutti.

Il lonem, che cresceva in quell’area in gruppi da dieci a quindici esemplari, era un albero di proporzioni gigantesche con foglie aghiformi. Il più grande raggiungeva un’altezza di cento metri e vantava un tronco largo nove metri. Il più antico, conosciuto come Adagnitius, aveva assistito all’ascesa e alla caduta dell’Impero Coriolano, alla fondazione dell’Ordine delle Sorelle della Luce, ai terribili anni della Battaglia Oscura e alla comparsa del virus che sterminò i Luxori. Adagnitius era venerato dalla gente del posto, i quali erano membri di una setta occulta, ma innocua, che viveva tra gli alberi. In effetti, queste persone, conosciute semplicemente come Albericoli, credevano che a causa dell’età e delle loro dimensioni estreme, queste piante portassero la conoscenza accumulata di tutto ciò che avevano vissuto dalla loro germinazione – in anni, secoli ed epoche trascorse – e che potessero trasferire questa conoscenza a coloro che vivevano all’interno dei loro tronchi. Il capo del culto, Ramo Vivente, era il principale destinatario di tale conoscenza, e viveva all’interno del grande Adagnitius.

Mentre la carovana oltrepassava il boschetto lì vicino, che si trovava a circa cento metri di distanza, gli Albericoli uscirono dalle loro dimore lignee come creature curiose e spalancarono gli sguardi sulla lunga fila di carri e sulle magnifiche unità furaniche che volavano alti sopra la carovana. I rifugiati di Passo del Corno si voltarono con ancora maggiore curiosità.

Proprio in quel momento, una vecchia donna robusta con in mano un lungo bastone arancione brillante, fece capolino dall’albero più vicino. Dopo aver varcato la soglia della sua dimora lignea, si fermò e piantò il suo bastone a terra, provocando un suono riverberato che raggiunse la carovana, causando lo sconcerto generale.

Senza nemmeno voltarsi per vedere cosa avesse causato quel suono, Aithen disse: “Ramo Vivente. Avrei dovuto aspettarmelo.”

Harlion, mentre cavalcava alla sinistra del principe, disse: “Qualcuno probabilmente dovrebbe andare a darle qualche spiegazione.”

Aithen confermò il suggerimento del capitano e si rivolse a Elyana, che rispose: “Andrò io. Mi riceverà più volentieri di uno dei vostri ufficiali, mio Principe.”

Aithen rispose con un sorriso sincero: “Dici?”

Elyana rispose con un semplice cenno del capo e un sorriso simile al suo.

Il principe osservò la donna scendere con grazia dal suo vorano e continuò a seguirla camminare verso Ramo Vivente con occhi desiderosi, mentre, di tanto in tanto, rispondeva a qualche commento di Harlion sui cultisti. Aithen scrollò la testa quando un’immagine intensa e inaspettata attraversò improvvisamente i suoi pensieri, allora chiese al suo capitano un aggiornamento sull’arrivo stimato nella capitale, per riuscire a distrarsi dalla Lux Baiula.

Quando Elyana raggiunse Ramo Vivente, i due puntarono la testa rispettosamente l’una verso l’altra, e poi si consultarono silenziosamente per qualche minuto. Ogni tanto, la vecchia guardava preoccupata la carovana, poi fissava il principe, perscrutandolo. Infine, Elyana fece un altro cenno rispettoso al Ramo Vivente e tornò verso la carovana.

Mentre la Lux Baiula risaliva sul suo vorano, Aithen si grattò goffamente il braccio e disse: “Quindi?”

“Quindi è tutto a posto. Possiamo riprendere il viaggio.”

Aithen guardò la Lux Baiula con un’espressione parzialmente indispettita e disse: “Elyana, per favore.”

“Sì, Aithen. Voglio dire che Ramo Vivente ha accettato le mie spiegazioni anche se non sono sicura che lei ci creda, dato che i rokon arrivano sovente fin qui e non sono mai stati la causa di una migrazione di queste proporzioni. In ogni caso, da qui non si spargeranno voci; come ben sai, gli Albericoli non varcano i confini del loro territorio e coloro che vengono qui apprendono solo ciò che gli Albericoli hanno appreso direttamente dagli alberi, e fortunatamente per noi, gli alberi non hanno avuto a che fare con la Serpe.”

Aithen sbuffò e rispose: “Grazie Elyana. Apprezzo che ti preoccupi di questo, anche se dubito che agli alberi importerebbe qualcosa se la Serpe decidesse di… cagare su di loro mentre ci vola sopra.”

La Lux Baiula sbatté le palpebre scioccata, ma si riprese subito e disse: “Mio Principe, questo non lo puoi dare per certo. Comunque, non c’è di che.”

Allora, toccò al principe essere sorpreso. Il suo capitano, che aveva ascoltato questo scambio con un certo interesse, scoppiò in una risata sincera e disse: “Beh, non fingerò di capire cosa stiate confabulando, mio Principe, ma la Lux Baiula ha ragione, non lo può sapere.” E rise di nuovo di buon gusto.

Il principe, sentendosi un po’ oltraggiato, decise di ignorare il commento e diede l’ordine di riprendere la marcia, scuotendo la testa e sbuffando, mentre ripensava tra sé e sé allo scambio stranamente irritante, eppure emozionante, avvenuto tra lui ed Elyana.

Mentre gli oggetti della curiosità di tutti scomparivano in lontananza, l’umore generale – mosso sia dal profumo persistente di quegli alberi che dalla brezza calda – tornò a rasserenarsi.

Tuttavia, la mente del principe presto s’incupì, nonostante la bellezza e la vita che circondavano la carovana, nonché il piacevole suono della voce di Elyana, che conversava tranquillamente con Harlion. L’importanza dei recenti avvenimenti, la necessità di dare un senso a tutto ciò, e le responsabilità che ora gravavano su di lui agitarono i suoi pensieri.

Se quello che crede Elyana è vero, siamo tutti condannati. Come possiamo sperare di combattere la Serpe e qualsiasi altra cosa possa presto unirsi ad essa? Chi al giorno d’oggi ha la conoscenza necessaria per sconfiggere tali creature? Come risponderò alla sequenza di domande a cui sicuramente mi sottoporranno i membri del Consiglio dell’Unione? E i senatori della città rimarranno senza parole quando mi vedranno arrivare con ottocentotrentanove uomini, donne e bambini… E perché continuo a pensare a lei e a sentirmi uno stupido ai suoi occhi? Non ho il tempo di farmi distrarre dai sentimenti ora!

Così continuarono i pensieri di Aithen, per tutto il resto della giornata. Si chiese anche come avrebbero reagito suo padre e sua madre se avessero saputo che aveva posato gli occhi sulla Lux Baiula. Octavius e Darya avevano già iniziato a fare pressioni affinché sposasse una donna di buona famiglia, nonostante Aithen avesse appena completato il primo ottavo della lunga vita che si aspettava di avere. Non riusciva a capire perché avrebbero voluto vederlo sposarsi così giovane dato che se avesse avuto un figlio a quell’età, il suo erede sarebbe diventato anziano prima ancora di sedersi sul trono.

Ma una cosa la sapeva, se avessero saputo che i suoi occhi erano tutti per la Lux Baiula, avrebbero probabilmente avuto qualcosa da ridire. Infatti, dopo essere diventata Sorella Plena, una donna doveva rinunciare a tutti i suoi titoli e a tutte le sue proprietà, il che significava che una tale unione non avrebbe portato alcun vantaggio finanziario al trono. Inoltre, anche se le Sorelle potevano sposarsi, ciò accadeva molto raramente e nessuna di loro aveva mai sposato un uomo con una qualsiasi quantità di potere o ricchezza, in quanto disapprovato dalla Sorellanza, poiché si credeva che un tale matrimonio avrebbe causato alla Lux Baiula la perdita dell’obiettività nell’uso dei suoi poteri. Questi pensieri rafforzarono soltanto la determinazione di Aithen a reprimere i suoi sentimenti nascenti per la donna.

Quando si avvicinò mezzogiorno e il caldo delle Bollhorae cominciò a diventare pericoloso, Aithen ordinò di fare sosta e tutta la carovana accostò sul prato lungo la strada. La gente tirò immediatamente i teli riflettenti sopra i carri, mentre i membri della comitiva del principe si ripararono in alcune tende grandi e altrettanto riflettenti. I vorani e gli altri trombettieri vennero ricoperti anch’essi con teli riflettenti sottili, seppur resistenti, mentre i muggitori e i furani venivano lasciati così com’erano: infatti, durante le Bollhorae i primi si ricoprivano in robusti bozzoli simili a un telo, mentre i secondi semplicemente velavano la testa con le ali e così la pelle iridescente delle loro quattro ali manteneva il corpo fresco e li proteggeva dai detriti svolazzanti durante la tempesta ventosa che seguiva le Bollhorae. Fortunatamente per la carovana, i venti non soffiavano forte vicino alla costa settentrionale di Alvinoria e anche se i detriti potevano tagliare i tessuti sottili o la pelle, non erano in grado di rompere le ossa o i carri.

La stragrande maggioranza delle creature terrestri – umanoidi inclusi, a meno che non avessero accesso a qualche tecnologia di raffreddamento – trascorrevano le Bollhorae in un sonno forzato, un sonno causato dal calore intenso che esauriva il corpo e intorpidiva il cervello. Solo pochissime specie di lucertole volanti, capaci anche in volo di cospargersi costantemente di vapore, rimanevano attive durante quelle ore mortali.

Un paio d’ore dopo, quando i venti si calmarono e i muggitori muggirono, iniziando a schiudere i loro bozzoli, i viaggiatori si risvegliarono. I trombettieri, vorani inclusi, furono prontamente scoperti, le tende impacchettate e i tettucci di alcuni carri ritratti, mentre i furani si stiravano le ali e le gambe accompagnando quei movimenti con morbidi boati persistenti.

Dopo aver controllato se i loro beni fossero stati danneggiati e aver rimosso i detriti dall’ambiente circostante e dai carri, la maggior parte delle famiglie preparò un pasto freddo di metà pomeriggio composto da frutta secca, pane o formaggio. Quelli con un muggitore, tuttavia, allestirono un braciere e mandarono i bambini dall’animale a raccogliere gli strati di bozzolo rimanenti prima che cadessero tutti al suolo. Gli strati del bozzolo venivano poi accuratamente sbriciolati in una pentola e cotti a fuoco basso fino a caramellare. La gente chiamava questa sostanza cunay, e la spalmavano sul pane o la usavano per affogare la frutta secca. Ma questo non era un cibo che piaceva alla gente di città, e la maggior parte dei guardiani della compagnia – di famiglia benestante – si risentì alla vista e all’odore di quella robaccia. Ma alcuni dei guardiani avevano origini più umili e osservavano i contadini con invidia, sperando che una famiglia o l’altra si offrisse di condividere con loro un po’ di cunay. Quando accadde, i guardiani accettarono con gratitudine, nonostante lo sguardo disgustato dei loro compagni.

Un’ora dopo, il corno suonò di nuovo e la carovana riprese la sua lunga marcia verso la capitale, facendo vibrare il suolo al suo passaggio. Nell’aria si diffondevano il riverbero proveniente dal suolo, le grida di uomini e donne che esortavano i loro animali ad avanzare e il rumore delle fruste che colpivano la pelle dei vorani, oltre a colpire la pelle ora fresca – e quindi più sensibile – dei muggitori, che per questo motivo rispondevano con più prontezza alle percosse. Nella parte posteriore del convoglio, alcuni giovani cominciarono una rissa quando i carri delle loro famiglie quasi si scontrarono, aggiungendo le loro grida a quella cacofonia. Ma alla fine, il rumore pervasivo delle miriadi di ruote che scricchiolavano sopra la ghiaia inglobò tutti gli altri suoni.

A capo dell’interminabile fila di carri, Aithen ed Elyana discutevano di ciò che lui avrebbe dovuto fare una volta in città: il suo primo compito sarebbe stato quello di incontrare il Senato della città per discutere il suo piano per i rifugiati; avrebbe poi dovuto incontrare il Consiglio dell’Unione per mettere in guardia le rispettive città e villaggi. Il suo dovere finale, fortemente voluto da Elyana, ma osteggiato per quanto possibile da Aithen, si prospettava spiacevole. Avrebbe dovuto incontrare Galadrin, Primo Chierico dell’Ordine di Aiala, per assicurarsi che l’Ordine non diffondesse voci mistificatrici riguardo all’attacco a Passo del Corno, cosa che era solito fare ogniqualvolta si verificasse un evento inspiegabile.

Aithen si chiedeva spesso perché l’Ordine di Aiala fosse così diverso da quello di Elanda, un ordine religioso con princìpi più razionali – ammesso che le credenze religiose potessero essere giudicate razionali. La risposta, secondo Octavius, era che il primo aveva ambizioni politiche che il secondo non aveva. Data la sua antipatia sia per la politica che per la religione, c’era poca speranza che Aithen avrebbe mai apprezzato l’interazione con Galadrin. Ma la visione del mondo e le motivazioni del chierico non erano in realtà le ragioni dell’antipatia del principe per quell’uomo. No, la vera ragione era il suo fanatismo, un fanatismo fin troppo evidente dal suo viso bruciato e intenzionalmente sfregiato. Infatti, l’ustione del volto – segno della sottomissione ad Aiala – era un prerequisito per l’ammissione all’Ordine. La bruciatura veniva ripetuta mentre il membro raggiungeva livelli sempre più elevati di sottomissione e purezza. Galadrin era stato bruciato più volte rispetto a tutti i suoi predecessori e il suo aspetto, giustamente, disgustava e turbava Aithen, che non riusciva a capire come potesse esistere un gruppo con tali credenze e pratiche. Ma il principe sapeva che i suoi sentimenti personali erano irrilevanti quando si trattava di questioni di stato, perciò avrebbe incontrato il Primo Chierico, come raccomandato da Elyana.

Una questione più complessa che il principe e la Lux Baiula discussero a lungo era se informare senatori, signori e chierici della vera natura del rokon. Elyana sosteneva che non era saggio farlo prima che Urbs Lucis e la Corona avessero concordato una risposta ufficiale. Ma Aithen insistette sul fatto che la verità andava detta prima che un’altra verità emergesse, una verità che non avrebbe aiutato né la Corona né la Sorellanza. Alla fine, tuttavia, l’argomentazione della Lux Baiula era più forte e il principe accettò, anche se a malincuore, di tenere la vera natura del rokon segreta, almeno per ora. In ogni caso, c’erano ancora troppe cose in sospeso, quindi Aithen acconsentì che fossero in pochi a conoscere la tutti gli aspetti della problematica.

Il resto della giornata passò liscio, tranne per l’infortunio di un bambino di dieci anni che si fece male finendo con la gamba sotto le ruote del carro di famiglia. Fortunatamente per il ragazzo, uno dei guardiani di Aithen – che casualmente cavalcava lì nelle vicinanze ed era stato addestrato nelle procedure di emergenza sul campo – aveva legato immediatamente un laccio emostatico intorno al polpaccio schiacciato del ragazzo in modo da fermare l’emorragia. Poi, il guardiano aveva mandato uno dei suoi compagni a informare il principe dell’accaduto e pochi minuti dopo giunse il principe con Elyana. I genitori del ragazzo erano spaventati all’inizio, temendo di aver fatto arrabbiare il principe per aver rallentato la carovana. Ma quando Aithen spiegò il motivo per cui era sopraggiunto, si sentirono in imbarazzo e chiesero perdono al principe. Inutile dire che, subito dopo, tutti nella carovana vennero a conoscenza della clemenza del principe nei confronti del suo popolo.

Aithen parlò ancora un po’ con i genitori del ragazzo per chiedere se avrebbero accettato l’aiuto di Elyana. In genere, curare i malati e i feriti – umani o animali – era una responsabilità della guaritrice del villaggio. Ma entrambe le guaritrici erano rimaste a Passo del Corno e, sebbene Pietro, il guardiano di Aithen, avesse fatto un buon lavoro nel fermare l’emorragia, la ferita del ragazzo necessitava ancora di cure. L’uomo e la donna erano incerti; era evidente che avessero i soliti pregiudizi, fin troppo comuni e pretestuosi, sulle Lux Baiulae. Inoltre, il principe li informò che lei non era un medico, ma che tutte le Lux Baiulae erano state addestrate nelle procedure di emergenza, quindi, Elyana Lux Baiula sarebbe stata in grado di aiutare la guarigione del ragazzo – se non di guarirlo completamente. Dopo essersi rosicchiati per un po’ le unghie nervosamente, i genitori finalmente acconsentirono che la Lux Baiula curasse il loro figlio.

Elyana si avvicinò al ragazzo, che stava sdraiato sul retro del carro a piangere. Nascondeva bene il proprio disagio al pensiero di dover esaminare e guarire un civile. Certo, aveva curato reduci di Passo del Corno, ma in quel caso non aveva avuto scelta. Quella situazione era diversa: Il guardiano di Aithen aveva già fermato l’emorragia e sapeva bene che i civili diffidavano ancora di lei, nonostante avesse protetto molta della gente di questa carovana. Avendo ormai deciso di aiutarlo, fece un sorriso sincero e chiese: “Come ti chiami, ragazzo?”

Vedendo questa donna così potente e bella rivolgersi a lui, il ragazzo lentigginoso e dai capelli rossi ritrasse le lacrime e trattenne un gemito di dolore – non le permise di pensare che fosse un debole – e disse: “Mi chiamo Martius, signora.”

“Martius. È un bel nome. Sai quanto sei fortunato?”

“So’ fortunato?”

“Certo. Quale altro ragazzo potrà dire ai suoi amici che il principe ha portato una Lux Baiula a medicarlo?”

Il ragazzo sorrise, nonostante il dolore, e si rilassò.

Aithen osservò Elyana, meravigliato. Non l’aveva mai vista interagire in questo modo con un bambino, anche se la ricordava insegnare a lui e a suo fratello quando erano bambini e sorrideva loro esattamente in quel modo. Tuttavia, questa serie di pensieri lo mise improvvisamente a disagio, così la respinse scuotendo leggermente la testa e si riconcentrò sul ragazzo. Odio queste differenze di età!

Elyana disse al ragazzo: “Ora ti toccherò, per capire l’entità del tuo infortunio. Farò del mio meglio per non farti del male, ma dimmelo se lo senti. Poi, mi prenderò un altro minuto per sondarti. Non dovresti sentire niente.”

“Sondarmi?”

“Sì, userò il Legame – ne hai sentito parlare?” Il ragazzo annuì. “Userò il Legame per guardare dentro il tuo corpo, dentro la tua gamba. Ti fidi di me?”

Il ragazzo guardò i suoi genitori con aria sommessa. I suoi genitori si guardarono a vicenda, poi guardarono il principe, e infine di nuovo il ragazzo, facendogli un cenno. Se il principe si fidava di lei, l’avrebbero fatto anche loro.

Prima di iniziare, Elyana girò leggermente la testa verso i genitori del bambino e disse: “Come il principe vi ha già detto, non sono un medico, ma sarò in grado di fermare qualsiasi emorragia interna e di stimolare la riparazione delle ossa. Una volta raggiunta Furania, dovreste portare vostro figlio da una dei nostri medici, che completerà la cura. Se lo farete, sarà in grado di camminare e correre come prima.”

I genitori del ragazzo, non sapendo come rivolgersi a una Lux Baiula né come ringraziarla, si voltarono l’uno verso l’altro, come per spronarsi vicendevolmente  a rispondere. Dopo qualche istante, il marito rispose a nome di entrambi: “Lo faremo, signora… Lusc Baiula. Grazie.”

Detto ciò, Elyana procedette a controllare la gamba. Il ragazzo singhiozzava di tanto in tanto, ma Elyana finse di non accorgersene. Sollevò la benda che il guardiano gli aveva messo intorno e vide che l’emorragia riprese quando allentò il laccio emostatico.

Senza alzare lo sguardo, disse al soldato: “Guardiano, sei un medicus militum[1], suppongo.”

“Non ancora, Lux Baiula. Il mio emblema si è rovinato durante la battaglia contro il… rokon, quindi ora somiglia a quello di un vero medicus militum. Ma sono solo uno studente di quest’arte. Tuttavia, sono disposto ad aiutare come posso.”

“Bene, è più che sufficiente. Per favore, stringi di nuovo il laccio emostatico e sii pronto ad allentarlo lentamente quando te lo dico.”

L’apprendista medico fece come richiesto, ed Elyana proseguì il suo lavoro. Dopo un minuto di analisi, durante il quale il ragazzo e i suoi genitori si chiedevano cosa stesse succedendo, lei capì cosa doveva fare. Rivolgendosi a tutti, ma guardando il ragazzo, disse loro chiaramente quello che aveva trovato e come avrebbe agito. Furono tutti d’accordo, ed Elyana iniziò la guarigione.

Dopo dieci minuti in cui fece vibrare la gamba del ragazzo, inducendo il suo sistema immunitario a cicatrizzare i vasi sanguigni e stimolare la fusione dell’osso, mentre il ragazzo singhiozzava, i genitori si tenevano la mano preoccupati ed Elyana dava istruzioni all’apprendista medico militare, chiedendogli di tenere fermo il loro paziente. Dieci minuti durante i quali Martius guardò tutto attentamente – singhiozzando di tanto in tanto, ma sempre più di rado – chiedendosi cosa stesse facendo la donna alla sua carne. Infine, Elyana si mise a sedere sul carro accanto al ragazzo, si asciugò la fronte e disse: “Ho fatto quello che potevo. Come ti senti, Martius?”

“Me sento… bene? Posso muover la gamba?”

“No. Ti suggerisco di lasciarla riposare per oggi e poi di camminarci un po’ su. Non si corre finché non vedrai i medici a Furania. Ci riesci?”

Con un ampio sorriso, il ragazzo rispose: “Sì, ce la faccio, signora… Lux Baiula.” Il ragazzo s’irradiò di gioia, evidentemente orgoglioso di aver pronunciato correttamente quello strano titolo.

Elyana sorrise a sua volta e disse: “Molto bene, giovanotto. Il Guardiano Pietro, qui, tornerà stasera per cambiarti la benda, e continuerà a farlo ogni giorno finché le cicatrici non si saranno completamente rimarginate e seccate.”

A quel punto, il ragazzo sembrò un po’ rattristato ed Elyana aggiunse rapidamente: “Prometto di tornare anch’io, per vedere come stai, e assicurarmi che il nostro giovane medico faccia un lavoro adeguato.”

L’ennesimo ampio sorriso che apparve sul viso del ragazzo scaldò il cuore di Elyana. Lei si voltò, nel tentativo di evitare di essere travolta dalle sue emozioni e si avvicinò ad Aithen.

Aithen disse ai genitori: “Ora vi lasceremo, ma vedrete che vostro figlio starà bene.”

La madre rispose, con le mani serrate in segno di ringraziamento e le lacrime agli occhi. “Oh, grazie infinite, mio principe. Grazie.  E grazie anche a lei… Lux Baiula… lei non è per niente come dicono sia la sua specie.”

“Prego, signora…?”

“Io sono Sharan, signora Lux Baiula.”

“Prego, signora Sharan. E sono felice che la pensiate così. Scoprirete che… la mia specie… è in realtà brava gente, ma la vita è così, quando uno non conosce l’altro è abbastanza difficile coltivare la fiducia.”

Elyana ringraziò il guardiano per la sua assistenza, poi lei e Aithen salirono sui loro vorani per tornare a capo della carovana e riprendere la marcia verso la capitale.

Mentre cavalcavano, Aithen guardò Elyana e disse esitante: “Sei stata davvero incredibile, Elyana. Il modo in cui hai interagito con il ragazzo e con i suoi genitori… non conoscevo questo lato di te. Sei sempre stata molto formale, per quanto mi ricordo.”

“Questo perché sono sempre stata con te in veste ufficiale. E tu e tuo fratello non eravate bambini normali.” Elyana si fermò quando notò Aithen digrignare i denti. “Beh, sai cosa intendo.”

“Suppongo di sì. In ogni caso, hai fatto un buon lavoro. Grazie… per esserti presa cura del ragazzo.”

Improvvisamente, Elyana rise. Lo fece con una bella risata infantile, poi si fermò, sentendosi visibilmente in colpa. Poi scosse la testa come se fosse arrabbiata con se stessa, ringraziò Aithen per il suo commento, speronò il vorano e partì al galoppo.

Meglio così, pensò Aithen, visto che le sue guance si erano arrossate per l’imbarazzo. Sono forse un principe? L’erede di Casa Coriolis? Uno sciocco, ecco cosa sono! Aithen non cercò di raggiungere Elyana, ma diede al suo vorano una leggera speronata per farlo accelerare un po’. Quando arrivò in cima all’inizio della lunga fila, andò da Harlion, ordinò alla carovana di avanzare e rimase accanto al suo capitano finché non si dimenticò del suo imbarazzo.

Com’era prevedibile, per tutta la carovana si diffusero voci sulla guarigione eseguita dalla Lux Baiula, così come sulle azioni premurose del principe nei confronti del bambino. Ciò fece sì che la gente continuasse a chiacchierare speranzosa per il resto della giornata, sebbene alcuni continuassero a diffidare della Lux Baiula, dicendo che i genitori del bambino se ne sarebbero pentiti quando si sarebbero svegliati una mattina e avrebbero sentito il loro bambino blaterare cose insensate.

Quando i soli iniziarono a scendere, Aithen aveva ormai dimenticato il suo precedente  imbarazzo e cavalcava al fianco di Elyana. “Questo sembra un buon posto per accamparsi, e penso che la gente sarà grata di fermarsi un po’ prima dopo la lunga e intensa giornata che abbiamo avuto.”

Elyana disse: “Lo gradirei anch’ io. Devo sgranchirmi le gambe e mettermi del cibo nello stomaco.”

“Bene, allora.” Aithen fece cenno al capitano Harlion di avvicinarsi.

“Signor Comandante?”

“Amico mio, sosteremo qui stanotte. Il viaggio è stato abbastanza lungo per questo primo giorno.”

“Mmm, io consiglio di continuare ancora un po’, dato che i soli non tramonteranno prima di circa tre ore.”

“Grazie, ma preferisco fermarmi ora. Permetterà ai bambini di bruciare parte dell’energia accumulata prima di coricarsi. Ordina alla carovana di fermarsi e che i carri degli abitanti del villaggio siano disposti in cerchio con le nostre tende intorno alle loro.”

Harlion non volle discutere, anche se pensava che le preoccupazioni del principe fossero un po’ strane, così tornò a occuparsi dei suoi doveri con un: “Sì, mio Principe.”

Dopo che Harlion se n’era andato, Aithen gridò: “Kildare!”

“Sì, mio Signore?”

“Ci fermiamo qui per la notte. Dì alla cuoca di preparare un pasto per me, Elyana Lux Baiula e il Gran Capitano Harlion; mangeremo nella mia tenda una volta montata.”

“Certamente, mio principe. Dovrei portare anche del vino? ”

“Sì, penso che sarà ben accetto. Per favore, dopo prenditi cura di Magnus.”

“Sì, mio Signore.” Lo scudiero del principe se ne andò con un inchino.

Magnus, il vorano di Aithen, era un notevole destriero, anche se ce n’erano di più impressionanti nella Guardia Reale. Ma questo non interessava al principe, la cui cavalcatura principale era il suo furano e a cui importava solo che il suo vorano fosse sano e obbediente, com’era Magnus.

I tratti più suggestivi di Magnus erano forse il manto nero-rosso, la criniera rosso scuro che gli circondava il collo e la coda, che aveva sia peli neri sia rosso scuro. Il vorano era alto diciassette mani al garrese, ma non era così imponente come il vorano da battaglia di Harlion che non era solo alto, ma aveva anche un’ossatura poderosa. Ma ciò che Aithen apprezzava di più in Magnus era il suo temperamento calmo, una calma che manteneva indipendentemente da ciò che trovava di fronte a sé, quasi come Xyre.

Dopo essere smontato dal suo vorano, Aithen iniziò ad accarezzarlo mentre osservava il suo capitano. L’uomo dava ordini ai soldati, che rispondevano prontamente e con spirito. Il principe annuì soddisfatto. Harlion era un uomo molto buono e leale. L’ufficiale era stato al servizio della Corona, svolgendo diversi ruoli per circa tre decenni ormai, ed era stato uno dei mentori del principe negli ultimi undici anni, istruendolo nelle arti della guerra e nell’esercizio del comando. Quest’ ultima era un’area di studio che sia Octavius che Harlion ritenevano essenziale per l’educazione del Principe ereditario, e Harlion aveva quindi trascorso molto tempo istruendo Aithen e discutendo con lui le interazioni e le interlocuzioni che fosse opportuno avere con gli uomini a cui veniva richiesto di dare la vita per il loro comandante, il gran re, e il regno.

Quando Aithen ricevette il comando della Guardia Reale, fu una decisione facile per lui quella di tenere Harlion come suo primo ufficiale. L’uomo aveva continuato a dimostrarsi una risorsa inestimabile, anche quando il principe ignorava i suoi consigli, cosa che accadeva di tanto in tanto. Ma Harlion era un uomo severo e disciplinato, estremamente rispettoso della catena di comando e, una volta che il principe prendeva una decisione, l’ufficiale faceva del suo meglio per eseguire i suoi ordini con successo. E grazie ad Harlion – anche se altri potrebbero dire che il principe sottovalutava le proprie abilità – Aithen non aveva ancora subito una sola sconfitta. Sì, quell’ uomo era una risorsa inestimabile, nonché un buon amico.

 

***

Primus Kendor – che stava scendendo dal furano – improvvisamente si irrigidì e disse: “Mio Signore, ha sentito questo stridio?”

Con un’espressione cupa sul viso, Toras rispose: “Sì, l’ho sentito.”

Ormai la notte era buia, con solo una debole luce proveniente dalla luna calante, Alba. Ma gli sguardi sui volti degli uomini erano forse ancora più d’impatto. Quegli sguardi dicevano che non avevano affatto voglia di affrontare di nuovo la Serpe, anche se sapevano che l’avrebbero potuta incontrare quando lasciarono l’avamposto. Inoltre, gli uomini erano esausti, così come i furani, dopo aver viaggiato tre ore per arrivare a Galior.

In quel momento, Kendor gridò: “Guardiani! Smettetela di perdere tempo e date da bere ai destrieri. È il minimo che possiamo fare per loro.”

Tutti obbedirono, anche i reali. Toras annuì tra sé e sé e diede a Brucio più acqua possibile. A pochi metri da lui, Grom gemette e cominciò a urlare immaginandosi che la bestia fosse già lì.

Toras disse: “Maestro Grom, stia calmo!”

“Le mie sc-scs-scuse mio Signore, non ci riesco. La m-mia… la mia famija è lì. Che succederà?”

Toras annusò l’odore della paura dell’uomo e decise di non rispondere alla sua domanda. Si chiese anche come un uomo balbuziente potesse essere un messaggero. Ma la sua balbuzie era ovviamente una conseguenza della sua paura, ed era probabile che non avesse motivo di temere per la sua vita o per quella della sua famiglia quando consegnava i messaggi.

L’uomo doveva essersi reso conto che la sua domanda al principe non avrebbe ricevuto risposta, e così ne pose un’altra: “Mi-mi-mio Signore, tenete un piano?”

Toras sospirò con amarezza e disse: “Non ancora, Maestro Grom. Prima devi darci una descrizione della disposizione di Galior e dirci dove potrebbe essere nascosta la tua gente. Ci riesci?”

Grom annuì e diede a Toras e ai suoi uomini una descrizione del villaggio, la più concisa possibile data la balbuzie ostinata, indicando i luoghi della casa rifugio, la casa del sindaco e le cantine – tutti luoghi in cui gli abitanti del villaggio avrebbero potuto nascondersi. Non appena ebbe finito, Grom chiese di potersi congedare per andare al villaggio a cercare la sua famiglia. Il principe lo lasciò andare, anche se non aveva idea di come quell’uomo potesse essere d’aiuto a qualcuno.

Toras osservò l’uomo andarsene per un momento, inciampando su rami e pietre mentre correva giù per la ripida collina. Sospirò, poi risollevò la testa mentre un’ombra immensa eclissava Alba. Non voglio stare sotto questa cosa, pensò Toras, quindi chiamò a sé gli ufficiali per elaborare un piano d’attacco. Il principe fu contento di sentire Secundus Jamir offrire volontariamente alcune idee promettenti insieme a Kendor. Una volta elaborato il piano, gli uomini salirono sui loro furani e li spronarono su per un’irta salita verso il versante che si affacciava sul lato orientale del villaggio. Da lì, il principe e gli ufficiali speravano di sorprendere il mostro.

Col passare dei minuti, gli strilli della creatura divennero più forti e frequenti e le urla della gente terrorizzata cominciarono a raggiungere anche le orecchie dei soldati.

Vicino alla cima del promontorio, la compagnia trovò la radura che stava cercando. Si avvicinarono allo strapiombo del versante, mantenendosi nascosti tra le linee di alberi il più a lungo possibile. Poi, la videro attaccare il villaggio con la stessa furia che aveva usato a Passo del Corno, ma in questo caso nessuna fortificazione resistette ai suoi colpi e non c’erano Lux Baiulae o guardiani che la tenessero a bada. I pochi difensori che c’erano non potevano fare altro che infastidire la creatura, come dei mordicchi che punzecchiavano un uomo.

I soldati si guardarono, alcuni con l’ansia del pre-battaglia, altri con lo sclero scurito dalla paura. Toras e Kendor si fecero semplicemente un cenno, con la risoluzione tipica degli uomini abituati a fare ciò che andava fatto, riponendo altrove le loro emozioni.

Il principe si voltò verso i suoi uomini e disse con calma e sicurezza: “Eccoci, guardiani. Ora potete capire perché siamo venuti qui. Ci sono persone laggiù che non sono in grado di difendersi e stanno morendo. Faremo quello che ci riesce meglio per dare loro una possibilità. Da questo momento, finché non assalteremo quella dannata creatura, tenete i vostri pensieri e le vostre paure in silenzio per quanto possibile. Anzi, non pensate affatto; limitatevi a sentire ed eseguire. Pensare ritarderà le vostre reazioni e indebolirà la vostra determinazione.”

Un giovane soldato della compagnia di Jamir chiese con tono lievemente imbarazzato: “Mi perdoni, Signor Comandante, ma ho sentito alcuni guardiani alla fortezza dire che questo rokon può leggere i nostri pensieri e… friggere i cervelli dalla distanza. È per questo che ci sta dicendo di spegnere le nostre menti?” Gli altri soldati parvero inorridire, Secundus Jamir stava per dare uno schiaffo al guardiano, ma il principe gli trattenne la mano.

Vorrei davvero non dover continuare a mentire. E vorrei avere l’abilità che hanno mio padre o Aithen di rigirare le cose… Inoltre, la mia riluttanza nel dare risposte probabilmente non aiuta. Toras fece un respiro profondo per smorzare l’irritazione provata quando aveva sentito quella domanda e rispose: “No, guardiano, non è per questo. Il motivo è che attaccheremo il rokon con i nostri furani, che volano a velocità vertiginose, e dovremo rispondere prontamente ai contrattacchi della creatura. Niente di tutto ciò può essere fatto se devi stare a pensare; tu e il tuo furano sarete entrambi morti prima che il tuo cervello possa analizzare o decidere qualsiasi cosa.” Ecco, ho detto la verità. Forse sono più simile ad Aithen e mio padre di quanto creda.

Tutti si voltarono con uno sguardo truce e impaziente verso il soldato, finché il giovane non si scusò per la sua stupidità, fece un passo indietro e si mise sull’attenti, pronto a fare ciò che comandava il principe.

“Bene. Se qualcun’altro ha qualche dubbio su quello che faremo, lo dica ora, e potrà restare qui a prendersi cura dei feriti quando avremo finito.”

Tutti gli uomini rimasero sull’attenti come un tutt’uno per mostrare la loro determinazione a seguire il principe. Kendor, Jamir e il principe si guardarono l’un l’altro con risolutezza, nascondendo le loro paure ben fondate, così che i loro uomini potessero combattere con la speranza di vincere.

Dalla loro posizione, le truppe potevano vedere le molte case già in fiamme – probabilmente il risultato di lanterne frantumate o bracieri roventi fatti saltare in aria dalle picchiate distruttive del rokon. La crudeltà delle fiamme veniva messa in secondo piano solo da ciò che esse rivelavano: decine di uomini, donne e bambini stesi a terra morti, o straziati dal dolore, o con lo sguardo fisso verso il cielo prima del trapasso.

Toras disse: “D’accordo. Siete pronti a cacciare via questa miserabile bestia?”

Tutti annuirono.

“Andiamo allora, e che i nostri corpi siano degni!”

Qualunque fosse l’entità della paura che provavano, ora era segregata, e si concentrarono appieno sul loro piano mentre montavano sui furani. Kendor e i suoi nove uomini furono i primi a prendere il volo, posizionandosi ad ovest della Serpe. Jamir e altri nove volarono verso nord, mentre Toras, insieme ai restanti, stava per piombare dritto addosso alla Serpe. Ogni ufficiale doveva posizionare le sue unità furaniche a circa cento metri al di sopra della Serpe,  e attaccarla con gli archi lunghi al segnale di Toras. Se fossero riusciti a colpire la Serpe e rallentarla un po’, sarebbero passati alle lance, che causavano più danni.

Ma prima ancora che potessero iniziare il loro assalto, la Serpe si voltò improvvisamente e volò adirata contro la squadra di Toras. Il principe cercò di richiamare i suoi uomini, ma ormai era tardi, e la bestia si schiantò contro tre delle unità. Guardiani e furani caddero a terra all’istante. Quando il rumore nauseante delle ossa in frantumi li raggiunse, i soldati si resero conto che sarebbero sopravvissuti in pochi quella notte.

 

[1] Medicus Militum: Medico militare.

 

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