La Ruota. Un titolo semplicissimo, ma pieno. Un simbolo pieno di domande, di risposte a volte scientifiche e a volte meno perché pieno di pregiudizi secolari sul suo significato, pieno anche di possibilità di ripetizione—di gioia, forse—di dolore, probabilmente—e di scoperta, senza dubbio.
Quando ho ricevuto il libro, come ho gia detto, mi è colata l’acquolina in bocca per la bellezza delle parole, per il senso di spostamento verso un luogo che non conoscevo ma che mi affascinava comunque.
Incuriosito, mi sono imbarcato in quest’avventura a capofitto. E mi sono sentito come un piccolissimo battello su un oceano alieno, un oceano d’una bellezza senza pari ma anche travolgente perché non capivo cosa stesse succedendo, ma ormai non c’era più via di scampo, ero intrappolato—dalla storia come anche dalla domanda che ci si fa al protagonista ma anche a tutti noi: Chi sono? E poi, dall’enigma che pone ai suoi clienti l’organizzazione che ha dato al protagonista la possibilità di scoprirsi (un’organizzazione che è rimasta, per me, un enigma):
Se sei e non sai,
se sai e non sei,
Human Recycle ti attende.
Entra nella ruota dell’oracolo.
Domanda farai e risposta sarai.
Devo ammettere che a un certo punto mi sono sentito in ansia per il fatto che non capivo perché in ogni capitolo, dopo che il protagonista (che decide di chiamarsi Benjjamin, ma poi scopre che è uno tutt’altro) scrive le sue note, si passasse sempre a storie di personaggi che non arrivavo a situare nella storia. Ma l’ansia è volata via, no!, si è disciolta di colpo, dandomi un profondo senso di soddisfazione quando ho finalmente capito tutto, incluso il fatto che la rivelazione non poteva arrivarmi prima di quel momento.
Ho adorato questo capolavoro che è La Ruota. Non so ancora come descriverlo, se sia un romanzo o un’ strano atto di prestidigitazione effettuato per mezzo di parole stampate, ma lo raccomando a tutti.
L.A.