È da un po’ che mi chiedo se, mentre l’umanità continua la sua evoluzione e rivoluzione sociale rispetto alle comunicazioni, raggiungeremo un punto in cui la maggior parte delle lingue scomparirà, e se la parola stessa potrebbe scomparire del tutto. Una terza domanda segue inevitabilmente queste due, ed è: quali sarebbero le conseguenze di tali cambiamenti, se dovessero verificarsi?
Rispetto alla prima domanda, il consenso è che la globalizzazione stia già causando la scomparsa di molti linguaggi distinti (vedi questo articolo dell’Unione Europea o un’articolo de Magazine di Communicazione Strategica). La standardizzazione e la globalizzazione – e forse il bisogno di sentirsi più istruiti in un mondo globalizzato – stanno anche eliminando i dialetti dall’esistenza. In Italia, ad esempio, dove ogni paese aveva il proprio dialetto, troviamo che la maggior parte dei giovani non usa più i dialetti dei genitori o dei nonni, e che i più giovani non l’imparano. Infatti in alcune regioni d’Italia non si parla più il dialetto regionale (vedi articolo su PrimaBergamo.it).
Gli articoli pubblicati fanno un buon lavoro nel riassumere perché questo è un triste stato di cose, oltre che una vera perdita per l’umanità, e in sostanza la perdita di queste lingue e dialetti si tradurrà in:
- perdita dell’identità sociale (per cui i restanti utenti della lingua perduta possono relazionarsi tra loro solo per mezzo di ciò che mangiano;
- perdita nella diversità di pensiero, comprensione e concezione del mondo che ci circonda (che sono espressi attraverso la poesia, i riti, le cerimonie, l’umorismo e le emozioni, nonché attraverso le domande scientifiche che un popolo si porrà – vedi articolo di Claire M. Filloux, PhD, che discute di come il linguaggio possa influenzare anche la qualità della scienza (qui – articolo in Inglese);
- perdita delle stesse tradizioni che definiscono ogni gruppo
Tutto quanto sopra rischia di tradursi alla fine in una ridotta capacità per l’umanità di comprendere, e credo, anche nella nostra capacità di modellare noi stessi o il mondo che ci circonda, quando ciò sarà necessario per garantire la nostra sopravvivenza continua come specie.
Ma che dire della stessa perdita della parola? È una possibilità? Non sono riuscito a trovare alcuna ricerca sull’argomento, quindi quanto segue è perlopiù speculativo, ma è qualcosa che mi gira per la mente da un po’ di fronte all’espansione di tutte le tecnologie non verbali, così come di fronte alle mie proprie frustrazioni nel parlare e nello scrivere.
L’ubiquità delle tecnologie che ci consentono di comunicare in modo non verbale è ovvia e non ha bisogno di essere dichiarata. Non solo la maggior parte delle persone preferisce inviare un messaggio o un SMS per salutare, chiedere qualcosa o informare qualcuno, ma un numero significativo di millennial odia persino dover parlare con qualcuno al telefono, tanto da rifiutarsi di farlo anche quando è necessario un contatto verbale per portare a termine un compito previsto per il giorno successivo (l’ho notato nei miei figli). Anche al lavoro, la maggior parte preferisce utilizzare e-mail o messaggistica istantanea piuttosto che chiamare o raggiungere a piedi la scrivania o l’ufficio di un collega. Mentre la parola era usata, in passato, in tutti i casi tranne quando si scriveva una lettera o si lanciava un aeroplano di carta con un messaggio a qualcuno, la parola ora è usata molto più raramente per comunicare.
Io stesso sogno del giorno in cui un dispositivo, impiantato nel mio cervello o posizionato sopra la mia testa, potrà togliere i pensieri dalla mia mente e trasformarli in parole e in intere storie su un supporto visivo (nemmeno necessariamente come parole su un documento ma forse come film in qualche formato video ancora da inventare). I prototipi di tali tecnologie sono già stati inventati, infatti (vedi qui come è stato utilizzato per consentire a Stephen Hawking di parlare). Sogno di questa possibilità perché anche se riesco a immaginare intere storie in pochi minuti, metterle su carta – o raccontarle – mi risulta molto più difficile e dispendioso in termini di tempo. Ma se questi dispositivi dovessero essere sviluppati e usati per la comunicazione diretta da cervello a cervello, il che non è impossibile, allora dimenticheremo completamente come usare le nostre voci – almeno, potrebbe succedere alla classe superiore dato che tali procedure come l’impianto di dispositivi di comunicazione nel nostro cervello potrebbe essere troppo costoso per i poveri, che diventerebbero poi, a loro insaputa, i custodi delle nostre voci (quest’argomento, infatti, mi ha dato l’idea per un tema maggiore del racconto Ronin).
Quali saranno le conseguenze del perdurare di queste tendenze (perdita delle lingue e disuso della parola)? Potrebbero, infatti, ridurre le nostre capacità cognitive? La nostra capacità di risolvere problemi complessi? Nella sua forma più elementare, suppongo che quando i percorsi neurali e i muscoli coinvolti nella produzione del linguaggio verranno dismessi, perderemo la capacità di comunicare facilmente ed efficacemente oralmente, in particolare se l’uso di strumenti non verbali inizierà in giovane età ( come sta già accadendo – vedi qui), prima che le capacità verbali siano completamente stabilite (fortunatamente, la maggior parte dei bambini deve ancora andare a scuola e l’apprendimento sta ancora avvenendo, in gran parte, attraverso l’istruzione verbale). Il continuo impoverimento delle nostre capacità verbali potrebbe portare all’incapacità di risolvere i problemi del futuro, o anche all’incapacità di stabilire un contatto riuscito con una specie aliena, quando verrà il giorno? Scienziati cognitivi, antropologi e altri stanno prendendo alcune di queste possibilità sempre più seriamente e studiano i nessi causali tra modalità di comunicazione e cognizione in modo più rigoroso. Ma la domanda migliore da porsi potrebbe essere: vogliamo scoprire cosa accadrà se la relazione è vera e la tendenza continua?
Vedo una linea di sviluppo tecnologico che potrebbe invertire la tendenza alla comunicazione non verbale, ed è la comunicazione olografica. Credo che se questa tecnologia diventa onnipresente come la messaggistica, probabilmente vedremo le persone scegliere di comunicare di nuovo verbalmente, di salutare, chiedere un favore, organizzare un evento o informare qualcuno di avvenimenti banali e non banali, forse. D’altra parte, non vedo come si possa evitare la rapida perdita delle lingue nel mondo, anche con gli sforzi attuali di alcuni per prevenirla; non in un mondo sempre più globale, tranne forse con il continuo sviluppo della tecnologia del traduttore istantaneo/universale che potrebbe essere indossato o, meglio ancora, impiantato nel nostro cervello, poiché tale tecnologia renderebbe logicamente inutile perdere la propria lingua a favore di quella dominante . Questo è sicuramente uno sviluppo da ricercare.
LADP.
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